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Bassano del Grappa

La morte di Matteo due anni fa col "veleno" del web. «Il caso va verso l'archiviazione»

È lo stesso papà del giovane a comunicarlo: «Speravamo in un esito diverso a tutela dei ragazzi»

«La notizia che si va verso l'archiviazione me l'hanno data gli avvocati circa un mese fa. In seguito, forse, potremo avere accesso agli atti per capire bene le motivazioni. Inutile dire che per noi cambia davvero poco: Matteo non c'è più, e nulla potrà restituircelo. Abbiamo sperato in un esito diverso per tutti gli altri ragazzi, per la loro tutela, e per un senso di giustizia più esteso, forse più aggiornato rispetto all'evoluzione velocissima che la comunicazione vive ogni giorno proprio attraverso lo strumento del web. Credo che la legge italiana dovrebbe tenere conto di questo, e credo che rispetto a questo dovrebbe aggiornarsi ed evolvere».

Matteo morì ingerendo una sostanza "suggerita" nel web

Così Alessandro Cecconi, papà di Matteo, lo studente che si è tolto la vita il 26 aprile del 2021, durante le lezioni in dad che stava seguendo dalla sua camera. Matteo, 18 anni, ha messo fine alla sua esistenza assumendo nitrito di sodio, una sostanza che era stata "suggerita" in un sito della morte, che ha fruitori in tutto il mondo, lo stesso dal quale aveva avuto identiche indicazioni Flavio Gianfreda, studente romano di 19 anni, il primo giovane in Italia ad essersi tolto la vita attraverso le indicazioni ricevute dal web. Poco dopo era toccato a Paolo, anche lui romano e 19enne, anche lui utente di quel sito web morto nello stesso modo. Dopo Matteo la stessa sorte era toccata a una giovane di Palermo.

Dopo i due decessi erano partite denunce per istigazione al suicidio

In seguito a questa terrificante catena di morte, i genitori di Matteo e quelli di Flavio si erano uniti, chiedendo che le procure di Roma e quella di Vicenza, riunissero i procedimenti in corso, e perseguissero il sito per istigazione al suicidio. Questo non è mai avvenuto e oggi pare che la procura berica sia prossima ad archiviare il caso.«Purtroppo non è stato possibile unificare i casi affinché su di essi procedesse una sola procura - spiega Alessandro Cecconi - Sappiamo che i magistrati di Roma e quelli di Vicenza si sono confrontati, ma probabilmente dal punto di vista legale avrebbero bisogno di più elementi per procedere per istigazione al suicidio verso quel sito. Forse alla legge italiana servirebbe una pistola fumante in mano per decretare l'uccisione di qualcuno. E invece la morte non avviene solo così, gli omicidi non avvengono solo in quel modo. I tempi del web evolvono in modo velocissimo, il modo di relazionarsi tra i giovani che utilizzano il web cambia ogni giorni. Credo che le procure possono fare poco, perché non c'è una legge adeguata e aggiornata. Per noi non cambia nulla: Matteo non c'è più, avremmo solo voluto che si avviasse un percorso nuovo, per dare una tutela maggiore aio giovani. In Italia otto ragazzi sono morti nello stesso modo in cui è spirato nostro figlio, assumendo la stessa sostanza, collegati allo stesso sito. Nel mondo sono 50 le morti già accertate identiche a quella di Matteo, ma ci sono anche altre 500 persone che avevano dichiarato che lo avrebbero fatto poi sono sparite, quindi c'è il forte sospetto che siano anche loro vittime dello stesso sito».

Anche il New York Times si era occupato della vicenda

Lo scorso anno la morte di Matteo Cecconi era stata ripresa in un'inchiesta del New York Times che, sul suicidio assistito dal sito della morte al quale era connesso anche il promettente studente bassanese quella mattina del 26 aprile di due anni fa, ha indagato trovando una rete di adepti e decine di migliaia di "sostenitori" in tutto il mondo. Per sviluppare la loro ricerca i giornalisti del quotidiano statunitense hanno intervistato anche Alessandro Cecconi, il papà di Matteo, con le testimonianze del genitore bassanese che hanno permesso di allargare l'inchiesta anche all'Italia.

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«In Inghilterra e negli stati Uniti la politica si è già mossa - conclude il papà di Matteo - ma ottenere risultati sembra difficile. In Veneto abbiamo un grandioso strumento di aiuto, che è il Servizio "Inoltre" composto da professionisti che fanno vera prevenzione sul territorio, persone competenti che rispondono subito, arrivano nelle case, allertano le forze dell'ordine, hanno un metro di valutazione davvero efficace. Questa è l'unica consolazione che abbiamo».

Francesca Cavedagna

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