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Marostica

In classe a Marostica ma la maestra è a Kiev

Sentirsi a casa anche in una scuola sconosciuta, mentre si fugge dalla guerra, perché in video-conferenza con l’amata maestra che ti aiuta nelle lezioni direttamente da Kiev. Succede a Marostica, nell’istituto comprensivo Dalle Laste, diretto dal preside Francesco Frigo, che in stretta collaborazione con corpo docenti e comitato genitori ha voluto sottolineare l’impronta pluriculturale dell’offerta didattica.
Il risultato è che da oltre un mese 13 piccoli alunni ucraini, dai 6 ai 13 anni, sono stati accolti nelle classi di primo e secondo grado dell’istituto. Gli studenti di casa non si sono risparmiati: «Li hanno accolti con bandiere, caramelle e abbracci - spiegano preside, maestre e professoresse - ma il percorso di integrazione di questi piccoli studenti in fuga dal conflitto è stato davvero complesso. La nostra scuola ha sempre sostenuto l’integrazione, quindi l’abbattimento di tutte le barriere che restringono un’appartenenza culturale. Lo abbiamo dimostrato con tanti progetti che hanno anche portato i nostri ragazzi a dare un aiuto concreto ai loro compagni sparsi per il mondo, a partire dall’Africa. Ma con questi piccoli studenti è stato diverso: i bimbi ucraini sono arrivati in Italia non considerando questa meta come un arrivo ma come un esilio dopo una fuga forzata dettata dalle bombe. Hanno abbandonato padri e nonni, case e tutte le loro sicurezze. Sono arrivati qui all’improvviso e hanno nel cuore solo la voglia di tornare nella loro terra, nelle loro abitudini. Noi ci siamo accorti che riuscire a farli integrare sarebbe stato più difficile di quello che avevamo pensato. Serviva fare di più per questi bambini».
Allora preside e insegnanti si sono messi al lavoro e la soluzione è arrivata grazie al comitato genitori della scuola, che sta pagando una maestra e mediatrice culturale che si connette tutti i giorni con i piccoli alunni via Skype direttamente da Kiev. E durante le lezioni spesso si sentono in sottofondo le sirene degli allarmi o addirittura i boati delle bombe.
«Gli alunni, quando hanno sentito la voce di un’insegnante della loro terra, si sono messi subito sull’attenti, come confortati, come se finalmente fossero a casa, anche se erano seduti sui nostri banchi - spiegano le docenti Silvia Martini e Marta Maragno -. È stato bellissimo vederli, perché anche per noi docenti il limite della lingua nella fase di integrazione è stato grande e ci ha fatto sentire a volte inadeguate nel processo di accoglienza e formazione di questi studenti. I primi che sono arrivati si guardavano attorno come fossero in un luogo sperduto e solo dopo ore ci hanno dato la mano: da quel momento non ce l’hanno più lasciata. Si sono sentiti a casa quando insieme abbiamo dipinto la bandiera ucraina che poi abbiamo portato in piazza per la manifestazione contro la guerra, ma si sente che hanno bisogno di sentire parlare la loro lingua, così, per la grande generosità dei genitori che pagano la mediatrice culturale e grazie alla commissione intercultura con le insegnanti Bortolaso, Moccia e Moro, siamo riusciti in questa impresa. Prima alcuni alunni saltavano sui banchi solo al suono della campanella, pensando fossero gli allarmi delle bombe. Adesso parlano con il loro paese, seduti sui nostri banchi, e anche se qualche volta in sottofondo si sentono i bombardamenti quasi nessuno ci fa caso, perché si sentono a casa, anche se sono lontani. Il nostro obiettivo è quello di tenerli al sicuro e di dare loro gli strumenti utili per farli integrare: la mediazione culturale in diretta da Kiev è una strada davvero efficace»

Francesca Cavedagna

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