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Le indagini

Al via l’inchiesta sul sito che istigava al suicidio: 18enne bassanese tra le vittime

Matteo Cecconi aveva 18 anni
Matteo Cecconi aveva 18 anni
Matteo Cecconi aveva 18 anni
Matteo Cecconi aveva 18 anni

Svolta nel caso del sito dei suicidi al quale era connesso il giovane bassanese Matteo Cecconi il giorno della sua morte: dopo l’inchiesta pubblicata nelle scorse settimane dal quotidiano americano New York Times, la magistratura uruguaiana ha avviato le indagini su un ventinovenne che gestisce il dominio web incriminato, che avrebbe causato la morte di almeno 45 persone. Non solo. Sempre stando a quanto riportato dal prestigioso quotidiano statunitense, il sito, creato nel 2018, oltre che dal giovane residente a Montevideo, che sarebbe figlio di un avvocato, e si fa chiamare Serge, «anche il suo compagno, che agiva sotto lo pseudonimo di Marchese, sarebbe stato catturato nella città di Huntsville, in Alabama, dalle autorità statali». 

 

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Non è tutto. Parallelamente all’inchiesta, sono sti compiuti passi avanti a livello legislativo per la difesa degli utenti, legata al fondamentale blocco del sito, sono anche altri. Una coalizione bipartisan di parlamentari statunitensi ha chiesto che i motori di ricerca, le società di web hosting, le organizzazioni che monitorano le reti di distribuzione dei contenuti, le piattaforme di rete, insieme ai social media pertinenti «agiscano per fermare la diffusione del sito e capire come incoraggia il suicidio».

Le indagini erano partite già tre anni fa, quando il sito web sarebbe stato indagato dopo che un medico legale britannico aveva denunciato il caso di un giovane che aveva seguito il “consiglio” degli utenti su come farla finita. Ma gli approfondimenti investigativi sono aperti anche per altri casi, avvenuti oltre che in Italia (Matteo e altri due giovani romani si sono tolti la vita nello stesso modo), dalla Germani all’Australia. Secondo le rilevazioni, il sito avrebbe avuto anche 6 milioni di visite al mese e l’Interpol avrebbe trovato più di 500 messaggi di addio e riconducibilità a casi di suicidi concreti. 

 

 

Con l’ultima svolta delle indagini i due fondatori del sito si sarebbero dimessi da amministratori, e la pagina sarebbe stata convertita in un sito web privato, con i contenuti non più visibili alle masse, se non attraverso l’approvazione dell’iscrizione. Queste ultime svolte danno almeno una lieve consolazione ai genitori dello studente bassanese. «Matteo non tornerà e noi non cerchiamo alcuna giustificazione di quanto è successo - spiega papà Alessandro - Ma a lui non è stata data alcuna opportunità: gli è stato insegnato come uccidersi, che sostanza usare, quanta, come, con cosa abbinarla per non vomitare, quando farlo, dove, come non fare insospettire chi lo amava. Nessuna giustificazione. Questi criminali dovranno essere perseguiti dalla legge e il sito bloccato. Così come deve essere bloccato ogni sito del genere. Non è vendetta, ma speranza che questa battaglia possa salvare dei ragazzi, togliendo dall'abisso, oltre a loro, le loro famiglie».

 

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«Una giustizia che si chiede eticamente se “dare la pistola in mano” a un ragazzo di 18 anni che ha intenzione di togliersi la vita sia o meno istigazione o agevolazione al suicidio o comunque un gesto criminale, è una giustizia che non ha empatia - conclude Cecconi -. Mi si potrà ribattere che la giustizia non è mossa da empatia e principi etici, ma da leggi. Mi chiedo, allora, che leggi siano quelle che ci governano se non sono spinte dall'etica, mi chiedo quale sia la giustizia che ci protegge se non è sollecitata da interrogativi etici». 

 

Francesca Cavedagna

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