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Foza

I lupi fanno strage di pecore dentro un recinto elettrificato

La barriera era costruita secondo le indicazioni degli esperti. Uccisi 12 capi. Il sindaco: «Allevatori stanchi, ecosistema a rischio»

Un vero e proprio assalto organizzato. Lunedì sera, 28 novembre, un branco di lupi ha attaccato l’allevamento di Matteo Oro di Foza facendo una strage: dodici pecore sono morte e quattro risultano attualmente disperse. Una predazione che arriva pochi giorni dopo l'uccisione di tre pecore a Stoner, nel territorio comunale di Enego ma, di fatto, distante pochi chilometri dalla contrada Ori di Foza.

Il gregge era ben protetto da un recinto

A stupire l’allevatore, così come i veterinari e gli agenti intervenuti per i sopralluoghi, è che il gregge era ben protetto, chiuso in un recinto doppio con in più quattro fili elettrificati. Nonostante la protezione costruita seguendo tutti i canoni indicati per prevenire appunto gli attacchi, con la rete a terra persino rafforzata con sassi, i lupi hanno scavato sotto il recinto fino a raggiungere il gregge. Una volta intrufolatisi nel pascolo, i lupi hanno mangiato alcune pecore, almeno parzialmente, mentre la maggior parte sono state semplicemente uccise. Un fenomeno di “overkill” che purtroppo negli anni si è spesso ripetuto sull’Altopiano, soprattutto nel caso di ovini.

Il sindaco di Foza, Bruno Oro: «Il problema dei lupi è serio»

«La presenza del lupo è un problema sempre più serio e servono risposte - commenta il sindaco di Foza, Bruno Oro -. Stiamo attendendo le novità sulla gestione dei grandi carnivori che stanno emergendo dall’Europa e dal ministero dell’Ambiente, dalle quali sembra che diventerà più facile poter catturare e spostare il predatore troppo confidente che si avvicina alle case e agli allevamenti. La questione non si ferma all’uccisione di dodici pecore – prosegue Oro –: se allevatori come Matteo Oro mollano o abbandonano l’allevamento di ovini, intere aree dell’Altopiano andranno verso il degrado. L’azienda di Matteo è l’ultima in tutta quella valle, a cui si aggiungono pochi allevatori amatoriali. Sono aree impervie, che facilmente possono andare incontro all’abbandono, lasciando il campo libero all'invasione di sterpaglie. Solo la presenza delle pecore riesce a mantenere quelle aree pulite e amene. I paesaggi tanto amati da chi frequenta l’Altopiano sono frutto del lavoro quotidiano di persone come Matteo».

La minaccia dell'abbandono come conseguenza agli attacchi

Proprio la minaccia dell’abbandono di certe zone meno “facili” da coltivare a fieno preoccupa le istituzioni locali. Le continue predazioni rischiano, in pratica, di far desistere piccoli allevatori o allevatori amatoriali, lasciando spazio solamente alle grandi aziende, che però pascolano molto meno i loro animali. Il territorio ne risentirebbe pesantemente.
«Sull’Altopiano in circa 20 anni sono diminuite di circa la metà le aziende agricole, mentre il numero di bovini è rimasto pressoché invariato – aggiunge Diego Rigoni, vicepresidente dell’Unione montana, da sempre impegnato nel mondo agricolo –. Ciò significa che stavano scomparendo le stalle piccole, tendenza che fortunatamente di recente è stata invertita grazie a molti giovani che hanno ripreso l’attività agricola di famiglia, magari come supplemento al reddito. Ora con le costanti predazioni alcuni hanno mollato e altri si dedicano ad altre tipologie di agricoltura. Rimane che il calo del pascolamento è un danno per i nostri delicati ecosistemi».

Gerardo Rigoni

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