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Finte cremazione Trovate 27 salme in un capannone

I resti dei defunti venivano messi dentro a cartoni sigillatiLe casse in legno accatastate nel capannone di Scurelle, in mezzo a rifiuti di ogni genere
I resti dei defunti venivano messi dentro a cartoni sigillatiLe casse in legno accatastate nel capannone di Scurelle, in mezzo a rifiuti di ogni genere
I resti dei defunti venivano messi dentro a cartoni sigillatiLe casse in legno accatastate nel capannone di Scurelle, in mezzo a rifiuti di ogni genere
I resti dei defunti venivano messi dentro a cartoni sigillatiLe casse in legno accatastate nel capannone di Scurelle, in mezzo a rifiuti di ogni genere

Un magazzino degli orrori dove accanto alle ferraglie delle auto e agli scarti di officina, venivano letteralmente smantellate le bare provenienti dai cimiteri di mezzo Veneto. Le operazioni più macabre riguardavano i resti dei defunti: venivano raccolti da ogni cassa, gettati in un sacco di plastica poi imballati in scatole di cartone che prendevano la via dei forni crematori. La speculazione sui morti è attribuita alla cooperativa trentina “Linea Momenti” di Pergine Valsugana, che aveva in gestione i servizi cimiteriali. Avrebbe guadagnato anche 400 euro a bara, lucrati sia sui costi inferiori del servizio di cremazione, in alcuni casi pagati anticipatamente e per intero, che sullo zinco, separato da ogni cassa e che veniva consegnato ai centri di smaltimento e recupero in cambio di un compenso in denaro. Delle 27 bare poste sotto sequestro nell’operazione eseguita dai carabinieri del Noe di Trento, 21 provengono dai cimiteri del Vicentino, le altre dal Padovano e dal Trevigiano. La cooperativa, secondo l’accusa, negli ultimi mesi avrebbe avviato un illecito giro d’affari lucrando su almeno 300 bare e altrettanti defunti. Le ipotesi di reato su cui indaga la procura di Trento sono vilipendio di cadavere e gestione illecita di rifiuti. L’OPERAZIONE. È iniziato tutto nei giorni scorsi, quando gli agenti della polizia locale della Valsugana e Tesino hanno notato delle persone lavorare all’interno di un capannone apparentemente in stato di abbandono a Scurelle, comune in Valsugana. Ma al Comune non era pervenuta alcuna richiesta di attività lavorativa, inoltre le persone all’interno del capannone, interpellate dagli agenti, non avevano saputo dare risposte esaustive su che cosa stavano facendo. Ad aggravare il tutto c’erano gli odori sgradevoli che provenivano dallo stabile. Anche questa circostanza ha indotto la polizia locale a richiedere l’immediato intervento dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Trento. Mercoledì, i militari guidati dal luogotenente Renato Ianniello, insieme ai colleghi della compagnia di Borgo Valsugana, hanno eseguito una prima sommaria ispezione nel capannone, trovandosi di fronte a una scena sconcertante: c’erano accatastate 27 bare contenenti resti di defunti esumati da alcuni cimiteri del Veneto. La presenza di salme ha richiesto l’immediato intervento del personale dell’Ufficio di igiene e sanità pubblica provinciale, con il quale si è effettuato l’accesso ai locali. LA TECNICA. In una condizione di generale degrado, i carabinieri hanno trovato 24 bare accatastate una sopra l’altra, contenenti i poveri resti dei defunti, mentre tre casse in zinco si trovavano aperte sul pavimento. Attorno lo stato di degrado era assoluto e sconvolgente: le ossa erano conservate in mezzo a bidoni di olio per motore, carcasse di auto e tanto altro. I successivi accertamenti ordinati dal magistrato di turno, hanno permesso di risalire alla cooperativa “Linea Momenti”, in possesso delle autorizzazioni per il trasporto dei defunti. Da quanto ricostruito, sembra che gli operatori, anziché portare come previsto le salme dai cimiteri ai forni crematori, le depositassero nel capannone di Scurelle, dove provvedevano a separare le spoglie mortali dalla casse funebri in legno e zinco, ricollocandole poi in sacchi di nylon che venivano successivamente riposti in scatole di cartone. Queste, una volta sigillate, venivano inviate al forno crematorio. Le casse funebri, invece, dopo essere state sezionate e separate dalle parti metalliche, venivano avviate a smaltimento in centri della zona. Tale modalità di gestione permetteva di ottenere alla cooperativa dell’Alta Valsugana un vantaggio economico dovuto ai minori costi di cremazione, stimati in circa 400 euro a salma. I carabinieri ritengono che negli ultimi mesi siano transitate dal capannone di più di 300 salme. Sulla clamorosa vicenda indagano il procuratore distrettuale Sandro Raimondi e il sostituto Licia Scagliarini, che hanno subito disposto il sequestro del capannone. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Francesca Cavedagna

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