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Altopiano

«Da alberi caduti
opportunità di lavoro
ma fare presto»

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La foto scattata la nostro lettore Marco Pettenuzzo a Camporovere
La foto scattata la nostro lettore Marco Pettenuzzo a Camporovere
La foto scattata la nostro lettore Marco Pettenuzzo a Camporovere
La foto scattata la nostro lettore Marco Pettenuzzo a Camporovere

ASIAGO. Sull’Altopiano di Asiago con il passare dei giorni appaiono sempre più ingenti i danni causati dalle trombe d’aria della scorsa settimana, che hanno abbattuto centinaia di migliaia di abeti in un’area molto vasta, compresa tra la Val d’Assa e la piana di Marcesina ad Enego, passando per i Larici, la zona a nord di Asiago, le Melette di Gallio e di Foza.

 

«In un territorio sterminato come quello altopianese - spiega all’Ansa Daniele Zovi, generale di brigata del Comando Carabinieri-Forestale del Veneto, da pochi mesi in pensione - è difficile fare numeri, ma credo sia plausibile la stima di mezzo milione di abeti abbattuti, con boschi letteralmente divelti, in molte aree caduti uno a fianco all’altro come i birilli del bowling». Zovi è uno dei più grandi esperti del settore con alle spalle 40 anni di servizio nella Cdf, oltre che autore del volume "Alberi sapienti, antiche foreste" edito la scorsa primavera dalla Utet. «Non c’è tempo da perdere - implora - dobbiamo guardare avanti e accelerare il recupero del legname, che dovrà avvenire entro due anni, un tempo che sembra lontano ma in realtà tra neve, ghiaccio e giorni di pioggia si potrà lavorare solo per sei-sette mesi l’anno». Di sicuro, pronostica, «non basteranno le forze locali per farcela, per questo sarà necessario, oltre all’impegno dei Comuni di questa terra, anche l’aiuto di Regione e Stato, per far arrivare in Altopiano attrezzature e macchinari utili per il recupero, oltre che sistemi a cavo e teleferiche per portare fuori il legname».

 

Un vantaggio che alla fine potrebbe diventare anche economico. «Sarebbe importante riuscire a far ripartite alcune segherie e altri edifici sparsi sull’Altopiano, dando lavoro anche ai giovani, per lavorare qui il legname senza portarlo in pianura - osserva -. Nella grave situazione che ci ha colpito potrebbe diventare un’opportunità anche l’eventuale seconda fase: nei prossimi anni sarebbe assurdo che i vicentini e in veneti vadano ad acquistare pellet in Austria o nei Paesi dell’Est Europa, si può avviare un produzione di pellet di abeti altopianesi». Per Zovi il problema non è solo ambientale «visto il legname fermo a terra si deprezza ma c’è anche il pericolo di infestazione di insetti parassiti come avvenne nella prima metà degli Anni Venti dopo la Grande Guerra. Questi parassiti si formano a terra, si moltiplicano in forma esponenziale e poi cercano nuovi alimenti nelle piante in piedi: questo sarebbe un ulteriore danno, per questo dobbiamo concentrarci nel produrre ogni sforzo e fare il tutto in velocità». «Poi bisognerà pensare alla nuova forestazione - aggiunge - che non potrà essere quella di 100 anni fa con la piantumazione di soli abeti rossi, dotati di poche radici, che ha portato ad avere "boschi fragili". Le nuove foreste dovranno essere composte anche da pini, larici, faggi, noccioli e altre specie».

 

L’ultimo aspetto riguarda l’imminente stagione sciistica. «Dai primi sopralluoghi fatti - conclude - credo si potranno liberare senza problemi le piste da sci, anche quelle di fondo, magari spostando a lato i tronchi, per poi proseguire il lavoro in primavera. L’attività turistica invernale in Altopiano sarà regolare, senza penalizzazioni».

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