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Cremazioni illegali Colpiti 8 Comuni

Paolo Bordignon (Rosà)
Paolo Bordignon (Rosà)
Paolo Bordignon (Rosà)
Paolo Bordignon (Rosà)

Dodici delle 27 salme trovate nel magazzino degli orrori di Scurelle provenivano da Tezze, sei da Rosà, una da Bassano, una da Brendola; le altre dai comuni padovani di Abano, Cadoneghe, da quello veneziano di Pianiga, poi da Cordignano, in provincia di Treviso. Ieri l’ufficio del sindaco trentino, Fulvio Ropelato, è stato subissato dalle telefonate dei colleghi che cercavano rassicurazioni e che hanno organizzato viaggi speciali per recuperare le salme, che oggi raggiungeranno i forni crematori disponibili. È il caso di Rosà, con il primo cittadino, Paolo Bordignon che appena appresa la notizia ha contattato i famigliari dei defunti, alcuni già arrivati in municipio. Proprio Rosà è l’unico dei sette comuni che con la cooperativa “Linea Momenti” aveva un rapporto diretto, in quanto era stata la vincitrice di un appalto pubblico per la gestione di questi particolari servizi cimiteriali. «Detto che l’Amministrazione negli appalti non ha alcun potere di scelta o intervento - ha spiegato Bordignon -, il fatto che fosse una ditta trentina ci aveva rassicurato, mai ci saremmo aspettati che si potesse arrivare a tanto. Ci siamo subito organizzati per andare a recuperare le nostre salme, alle 8 di domani - oggi per chi legge - saremo al camposanto di Scurelle, dove ci attende anche il sindaco, poi le porteremo nel forno crematorio di Ferrara. Per quanto mi riguarda, anche se l’appalto con la Cooperativa è ancora in essere, ogni rapporto si chiude qui». Ieri dalla Procura, che ha aperto un fascicolo per per vilipendio di cadavere e gestione illecita di rifiuti, accuse delle quali dovrà rispondere Guido Beber, presidente della cooperativa, per ora unico indagato dell’inchiesta, è arrivato il nullaosta che permetterà lo spostamento dei resti trovati nel capannone di via Doss Dela Roda. Le indagini dei militari del Noe di Trento, guidati dal luogotenente Renato Iannello, continuano. Gli investigatori puntano a capire da dove provenissero le altre 300 salme sulle quali si suppone abbia lucrato la ditta di servizi cimiteriali. Secondo quanto ricostruito le bare venivano prelevate dai cimiteri, e invece che seguire il percorso obbligato, rigorosamente dettato nei permessi rilasciati dai Comuni, che designavano il forno crematorio disponibile, si fermavano nel magazzino trentino, dove i resti venivano prelevati dalle casse funebri, “riconfezionati” in scatoloni, quindi le bare venivano smantellate per estrarre lo zinco, che poi veniva rivenduto. L’illecito potrebbe aver fruttato più di 100 mila euro in pochi mesi. Ci sono anche le salme affidate in subappalto dalle onoranze funebri o direttamente dai parenti alla cooperativa: la ricostruzione delle proporzioni del raggiro è decisamente complessa. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Francesca Cavedagna

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