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Cassola

Convive con due "spine" nel cuore dopo un'operazione. I medici: «Troppo rischioso toglierle»

Vive ogni suo giorno come fosse l’ultimo. Non è una filosofia di vita mutuata dall’antico adagio, ma il destino di una appena sessantenne di Cassola, rimasta vittima di un errore medico durante un’operazione, pur di routine, all’ospedale di Treviso.
Alla donna, seguita dal reparto di cardiologia dell’ospedale di Bassano, dopo alcuni episodi di blocco atrio-ventricolare, nel 2018 era stato impiantato un pacemaker. All’inizio del 2021 in accordo con la paziente si era deciso di procedere alla sua sostituzione nel Dipartimento neuro-cardio-vascolare, struttura complessa di cardiologia del Ca’ Foncello, un’eccellenza nel settore. 
Durante le operazioni finali di estrazione dell’elettro catetere atriale questo si spezza. Un frammento metallico di 6-8 centimetri, a forma di spirale, si conficca nell’arteria polmonare sinistra; un altro più piccolo, di 3-4 cm, rimane attaccato all’auricola, sopra l’atrio del cuore.  L’operazione viene interrotta a causa della “complicazione”. I cardiochirurghi decidono di non procedere a ulteriori tentativi di estrazione. 

I medici bassanesi prendono atto delle conclusioni dei colleghi trevigiani circa il recupero dei filamenti del vecchio pacemaker, “giudicato a troppo elevato rischio e scarso vantaggio clinico”, e i frammenti rimangono lì.

La donna da più di un anno e mezzo convivere con questa spada di Damocle: neppure i dottori sanno come potranno “reagire” queste “spine” che non si trovano nel fianco, ma in una posizione vitale, nella regione cardiaca. 
Il risultato è che la donna deve evitare qualsiasi tipo di sforzo, non può svolgere attività fisiche né ovviamente praticare sport, e, soprattutto, vive nell’ansia e nell’angoscia continua che questi pezzi di metallo possono all’improvviso migrare e ledere l’arteria: un danno morale ed esistenziale immenso, per il quale la signora ha deciso di dare battaglia.

 

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