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Altopiano

Cinghiali e pascoli devastati: «Bisogna agire come a Roma»

In Altopiano comparto agricolo e Unione montana chiedono a gran voce misure drastiche. Ma è scontro politico
La distruzione dei pascoli mina la qualità dell’erba e dei prodotti caseari ARCHIVIO
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Anche sull’Altopiano la stessa soluzione al problema cinghiali escogitata per Roma. Ovvero estendere alla montagna la concessione di abbattimento, sotto determinate condizioni, di certe specie di fauna selvatica, prevista nelle zone vietate alla caccia e nelle aree urbane anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto. È quanto chiedono il comparto agricolo e le amministrazione comunali altopianesi in seguito all’emendamento alla legge di bilancio presentato dal deputato Tommaso Foti (FdI).

Il punto

«Da tempo come singole amministrazioni comunali e come Unione montana segnaliamo l’emergenza cinghiali sull’Altopiano - illustra il vicepresidente della Spettabile Reggenza, Diego Rigoni -. Ogni anno la conta dei danni aumenta a dismisura, senza però risultati concreti nonostante incontri, conferenze e iniziative atte a contenere la popolazione di cinghiali sul nostro territorio».

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I danni causati dagli animali

Nel 2011 i danni causati dai cinghiali sono stati di circa 50 mila euro, nel 2018 sono saliti a oltre 90 mila euro e nel 2022 i danni denunciati all’ente provinciale competente sulla fauna selvatica hanno sfiorato i 250 mila euro. Si tratta sia di danneggiamenti a colture agroalimentari e di fieno sia alla delicata coltre erbosa dei pascoli montani, dove il passaggio dei cinghiali non solo rende più soggetti all’erosione i terreni ma anche favorisce l’insediarsi di erbe infestanti, con relativa diminuzione della qualità del pascolo stesso e quindi, in definitiva, anche dei prodotti caseari.
Coldiretti, nel sostenere l’emendamento, spiega attraverso il presidente nazionale Ettore Prandini: «L’Italia è invasa da 2,3 milioni di cinghiali, è quindi necessario intervenire urgentemente per il loro contenimento e difendere quindi la sicurezza delle persone e le produzioni agricole. I branchi si spingono sempre più vicini alle abitazioni, distruggono i raccolti, aggrediscono gli animali e causano incidenti stradali: la situazione è diventata insostenibile, con danni economici incalcolabili alle produzioni agricole, e compromettono l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico, con perdita di biodiversità».

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Lo studio di Coldiretti

Da uno studio commissionato da Coldiretti risulta che otto italiani su dieci pensano che la questione vada affrontata con il ricorso agli abbattimenti, soprattutto con personale specializzato, e il 62 per cento degli italiani ha una reale paura di questi animali.
«Non solo - riprende Rigoni - nell’ultimo anno è avvenuto un incidente ogni 41 ore, con 13 vittime e 261 feriti gravi; dati che non vanno trascurati».
L’emendamento del Governo ha trovato il pieno appoggio del consigliere regionale, e membro della commissione agricoltura, Joe Formaggio (FdI).
«I cinghiali rappresentano un pericolo per i cittadini e l’unica alternativa è sparare a vista - le parole di Formaggio -, tanto meglio se si possono mangiare. Mi sono impegnato in prima persona a far sì che la Regione stanziasse importanti fondi nel contrasto a questa specie e l’emendamento conferma che il Veneto lavora in sinergia con il Governo e i rappresentanti del suo territorio, come la vicepresidente della commissione agricoltura della Camera, Maria Cristina Caretta».
Forte opposizione all’emendamento invece giunge dalla consigliera regionale Cristina Guarda (EV) che, in qualità di vicepresidente della commissione agricoltura, afferma: «La scienza conferma come sia stato finora inefficace affidare la gestione dei cinghiali ai cacciatori, che hanno importato tali specie. La soluzione è il controllo della fertilità attraverso iniezioni a distanza e con esche ad hoc e non alleggerendo i poteri dell’Ispra a beneficio della Regione».

 

Gerardo Rigoni

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