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“Baciate” e BpVi Due imprenditori vincono la causa

Gli avvocati Greggio e Tretti che hanno tutelato gli imprenditori
Gli avvocati Greggio e Tretti che hanno tutelato gli imprenditori
Gli avvocati Greggio e Tretti che hanno tutelato gli imprenditori
Gli avvocati Greggio e Tretti che hanno tutelato gli imprenditori

Quel presunto acquisto azionario da due milioni di euro con relativo finanziamento, che ha concretizzato operazioni “baciate”, è viziato da nullità perché contrario all’articolo 2358 del codice civile. Pertanto, due imprenditori bassanesi ai quali Banca popolare di Vicenza, ora in liquidazione coatta amministrativa, aveva richiesto di onorare il presunto debito di un milione ciascuno, nulla devono in adempimento di quei contratti. Non solo, la banca dovrà rifondere tutte le spese di lite, per oltre trentamila euro tra esborsi e compensi. E’ anche bassanese l’apertura della nuova, clamorosa strada nelle rivendicazioni dei correntisti di Bpv sancita nei giorni scorsi dal tribunale delle imprese di Venezia. Contemporaneamente a un’altra sentenza simile, infatti, i giudici della sezione specializzata del capoluogo lagunare ne hanno emesso una che riguarda due imprenditori locali, assistiti dallo studio legale Gta di Vicenza e Bassano con gli avvocati Giovanni Tretti, Susanna Greggio e Francesco Barilà. I legali, con la loro impostazione, hanno tracciato una linea destinata a fare giurisprudenza. Anche perché, oltre all’istituto di credito, hanno agito contro la società per la gestione di attività Sga spa, rimasta contumace ma nei confronti della quale la sentenza fa egualmente stato qualora rivendicasse di essere succeduta a titolo particolare nei rapporti di conto corrente: neppure essa può pretendere nulla. Citata anche Intesa Sanpaolo, per la quale il tribunale ha invece respinto le richieste dichiarandola estranea al rapporto contrattuale ma compensando le spese perché al momento dell’avvio della causa era incerto se essa fosse subentrata o meno nel rapporto di conto corrente. La causa era stata avviata nel 2016 ed è una delle primissime nel suo genere. Il fatto che sia giunta a sentenza praticamente per prima le conferisce un ruolo di “apripista”. «Una decisione importante del tribunale, arrivata dopo oltre tre anni e ben ponderata», è il commento dell’avvocato Tretti. In particolare, dal punto di vista giuridico, la sentenza sottolinea che «non può essere negata la proseguibilità di quelle domande che mirano a tutelare diritti che non potrebbero trovare mai risposta, né positiva né negativa, nell’ambito della procedura fallimentare; per esempio le domande di accertamento negativo del credito della procedura proposte dal soggetto che sia debitore della banca ormai in liquidazione in forza di un titolo invalido, o inefficace o risolto, e che ha interesse a vedersi liberato del debito contrattuale». Inoltre, «la disciplina che vieta (o meglio in concreto limita) le operazioni che possono mettere a repentaglio il capitale sociale non è certo incompatibile con la società cooperativa»: un passaggio che sembra sgretolare uno dei caposaldi su cui le banche, a struttura cooperativa, fondavano la loro difesa. Infine le testimonianze raccolte hanno confermato «la riconduzione della duplice operazione di cui si tratta ad una assistenza finanziaria vietata, addirittura avvenuta su iniziativa dell’istituto bancario e in omaggio ad una strategia decisa dalla gerarchia bancaria». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Alessandro Comin

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