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Scoperta la storia del nonno prigioniero

L’alpino Silvio Nicolato con il gruppo di commilitoni durante la prigionia in Germania.  M.G.I commilitoni dell’alpino Nicolato durante la Grande Guerra. M.G.
L’alpino Silvio Nicolato con il gruppo di commilitoni durante la prigionia in Germania. M.G.I commilitoni dell’alpino Nicolato durante la Grande Guerra. M.G.
L’alpino Silvio Nicolato con il gruppo di commilitoni durante la prigionia in Germania.  M.G.I commilitoni dell’alpino Nicolato durante la Grande Guerra. M.G.
L’alpino Silvio Nicolato con il gruppo di commilitoni durante la prigionia in Germania. M.G.I commilitoni dell’alpino Nicolato durante la Grande Guerra. M.G.

A cento anni dalla cattura del nonno alpino, dopo un’azione bellica sul fronte dell’Isonzo, e dalla prigionia in Germania durante la Grande Guerra, è riuscito a trovare gli atti ufficiali, inediti, che ripercorrono la storia del nonno. Il nipote Silvano Nicolato ha condotto ricerche all’Archivio di Stato sul nonno Silvio, andato in guerra a 18 anni, fino a imbattersi in una serie di documenti dell’epoca. E da quel materiale sono riemerse le azioni sul fronte dell’Isonzo, la cattura, il 20 ottobre 1917, il campo di lavoro tedesco e il ritorno in patria alla vita civile. «È stato emozionante immergermi nella storia, quella che ho imparato sui libri di scuola e quella che ha vissuto lui», spiega il presidente del Consorzio dei vini di Gambellara, nonché vicepresidente della Cantina Vitevis e consigliere comunale della lista di minoranza “Montorso tra Grime e Fratta” di Montorso, il paese in cui abita e dove si occupa dell’azienda vitivinicola di famiglia. Silvio Nicolato, nato a Montorso il 6 agosto del 1897, è stato chiamato alle armi il 3 maggio 1916, giungendo in zona di guerra il 21 settembre inquadrato nel Battaglione Vicenza, quello che fu degli eroi irredentisti Cesare Battisti e Fabio Filzi. Attendente del comandante del suo plotone, è stato mandato con il 5° Reggimento Alpini a combattere sul fronte dell’Isonzo. Qui dai documenti risulta disperso il 20 ottobre. In realtà, fu catturato con il suo tenente mentre cercava di rientrare nelle linee dopo un attacco. «Trovarono riparo tra i ruderi di una fattoria con lo scopo di resistere fino a notte e approfittare dell'oscurità per rientrare tra le file italiane attraversando un fiume a nuoto - riferisce il nipote in base ai racconti del nonno -. Però nessuno di quel plotone sapeva nuotare per cui, ormai a corto di munizioni e con gli austriaci che intimarono di arrendersi, l'ufficiale per salvare quei ragazzi da sicuro annegamento diede la resa». Finirono tutti prigionieri. «Venne mandato a lavorare in una vetreria – ricostruisce - dove riuscì a integrarsi, tanto che volevano restasse a guerra finita. E per anni ha mantenuto una corrispondenza con i proprietari della fabbrica, un segno che, nonostante una guerra, era riuscita a crearsi una stima reciproca». È tornato libero il 20 febbraio 1919 e il 31 dicembre di quell’anno si è congedato. La casa di famiglia intanto era stata spostata in località Rogge, dov’è tuttora. Si sposò con Marina Cattelan da cui ha ebbe nove figli e si impegnò nella vita pubblica come consigliere comunale e presidente degli agricoltori. Morì, a 88 anni, il 2 novembre 1985. «Andava molto fiero del suo attestato di Cavaliere di Vittorio Veneto. È nel suo ricordo che ho scelto di fare il militare negli alpini», ricorda ancora il nipote Silvano. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Matteo Guarda

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