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Lo studio

L'equipe universitaria: «Carbone vegetale per eliminare i Pfas dal sangue»

Il professor Foresta dell'equipe di Padova: «In via sperimentale è dimostrato che sono drenati a livello intestinale da questa sostanza che li rende eliminabili con le feci»
Il prof. Foresta ha reso noti i risultati conseguiti da università e ospedale di Padova sui Pfas
Il prof. Foresta ha reso noti i risultati conseguiti da università e ospedale di Padova sui Pfas
Il prof. Foresta ha reso noti i risultati conseguiti da università e ospedale di Padova sui Pfas
Il prof. Foresta ha reso noti i risultati conseguiti da università e ospedale di Padova sui Pfas

Usare il carbone vegetale come i filtri a carboni attivi utilizzati negli acquedotti per trattenere i Pfas. Da un’intuizione sperimentale ispirata all’attuale tecnologia di filtraggio delle acque degli impianti pubblici è stato individuato un corrispettivo terapeutico nel carbone attivo vegetale ad uso umano.

È quanto emerso ieri all’Archivio antico nell’ambito della manifestazione “La Fiera delle parole” promossa dal Comune di Padova dove si è tenuto il dibattito “L’inquinamento ambientale: una scomoda verità”.

Il carbone vegetale: la terapia ad uso umano contro i Pfas

«Il carbone attivo vegetale - spiega Carlo Foresta, già professore ordinario di endocrinologia all’università di Padova di cui è studioso senior, e membro del Consiglio superiore di sanità, presidente della Fondazione Foresta onlus - è una sostanza naturale in grado di trattenere al suo interno molte molecole, grazie alla sua estesa area superficiale interna che può raggiungere migliaia di metri quadri per grammo di sostanza in polvere».

Il carbone attivo vegetale trova già impiego nel trattamento di intossicazioni da farmaci e avvelenamenti alimentari, e per il meteorismo intestinale.

Prof. Foresta: «L’idea è di drenare a livello intestinale i Pfas»

«L’idea sperimentale - dice il prof. Foresta - è quella di drenare a livello intestinale i Pfas, rendendoli eliminabili con le feci. A tale proposito, da recenti indagini condotte al Dipartimento di medicina dell’università di Padova, con la collaborazione dei dottori Luca De Toni e Andrea Di Nisio, è stato dimostrato a livello sperimentale che il carbone attivo vegetale è in grado di rimuovere rispettivamente il 50,3% e il 44,6% di Pfoa e Pfos, i due principali Pfas presenti nel sangue dei soggetti esposti, da una soluzione fisiologica che mima il sangue umano».

L'attività assorbente del carbone sui perfluoroalchilici

Questi risultati suggeriscono, conferma Foresta, «l’esistenza di una forza motrice netta a favore dell’attività assorbente del carbone attivo per i composti perfluoroalchilici, tale da sottrarre gli inquinanti dal ricircolo entero-epatico e da favorirne l’eliminazione fecale a seguito della somministrazione orale. Questi risultati preliminari stimolerebbero la verifica clinica di questa ipotesi, rappresentando una possibilità di intervento rapido e non invasivo, per la riduzione dei Pfas dal sangue dei soggetti esposti all’inquinamento da queste sostanze».

Le ricerche per la riduzione dei Pfas nel sangue

Le ricerche che hanno permesso di identificare questa possibile forma di intervento basandosi sulle dinamiche di bioaccumulo dei Pfas nell’uomo, sono state condotte dall’equipe del prof. Foresta e svolte all’Uoc di andrologia e medicina della riproduzione dell’azienda-ospedale università di Padova, diretta dal professor Alberto Ferlin.

Il ruolo dell’ambiente nell'infertilità maschile

L’intervento del prof. Foresta all’incontro ha riguardato il ruolo dell’ambiente nell’influenzare quella che possiamo definire a tutti gli effetti come una pandemia da infertilità maschile: «Dietro al noto crollo delle nascite dell’ultimo decennio, oltre ai noti fattori socio-economici si cela anche il costante decremento della fertilità al maschile. Basti pensare che negli ultimi 40 anni il numero degli spermatozoi dei maschi occidentali si è quasi dimezzato. Fondamentale in questo senso è il ruolo dell’ambiente: se non cambieremo l’ambiente che ci circonda, i maschi saranno sempre meno in grado di procreare. L’inquinamento, stili di vita e ora anche il cambiamento climatico sono tra i principali fattori di rischio per la fertilità maschile».

I Pfas hanno la capacità di interferire con gli ormoni sessuali

A preoccupare i ricercatori sono soprattutto gli interferenti endocrini: agenti chimici presenti in molti oggetti di uso quotidiano che hanno la capacità di interferire con gli ormoni sessuali come il testosterone. Tra questi sono certamente note le sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), noti inquinanti ambientali con riconosciuta attività anti-ormonale, che dagli studi del prof. Foresta sono stati ritrovati persino adesi agli spermatozoi di giovani uomini.

L’esposizione a queste sostanze è un problema esteso a tutta la popolazione, che può entrare in contatto con queste sostanze attraverso oggetti di uso quotidiano quali pellicole e rivestimenti alimentari, tappeti, abbigliamento, polvere, prodotti cosmetici e altro ancora.

 

Giorgio Zordan

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