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L'omicida

Il giovane seguito da una psicologa. Era senza un lavoro

Era ossessionato dalla casa. Voleva andare a vivere da solo, forse per coltivare un sogno di libertà, o semplicemente per non dover rendere conto ai genitori. Sergio e Lorena erano anche contenti di questa iniziativa, ma pretendevano che prima lui si trovasse un lavoro stabile, che gli consentisse di essere indipendente. E lui di lavorare non ne aveva nessuna voglia. Ci aveva provato tante volte, ma nessun posto sembrava fatto per lui e non gli rinnovavano il contratto, sempre se resisteva fino al termine del periodo di prova. Era questo l’unico cruccio di una famiglia serena».
È questo il senso del racconto fatto ai carabinieri di Chiampo, Valdagno e Vicenza da alcuni parenti della famiglia Gugole, ascoltati in queste ore in caserma. Una coppia tranquilla, senza grilli per la testa e senza problemi economici, con un figlio che invece la testa pareva avercela sempre da qualche altra parte, che rifuggiva impegni e responsabilità. Ma con quell’idea fissa di avere una casa sua: una prospettiva che l’ha spinto ad uccidere.
L’abitazione l’aveva trovata, ad Arzignano. Martedì pomeriggio si è recato nella sede dell’impresa edile da cui la voleva acquistare definitivamente a consegnare una tranche del pagamento; non voleva fuggire, dopo l’atrocità commessa, ma organizzare il suo futuro. Qualche ora dopo, finalmente, si è presentato in caserma a costituirsi.
Diego viene descritto come un giovane all’apparenza come tanti altri. Forse un po’ chiuso ma educato e rispettoso, pronto a salutare quando incontrava i vicini. Alle prese con qualche problema psicologico ma che nessuno, tra i vicini che lo hanno visto crescere, immaginava potesse macchiarsi di un delitto così atroce arrivando a porre fine all’esistenza dei genitori che lo avevano cresciuto con amore e che così tanto gli erano stati vicini. 
Gugole, 25 anni, ha avuto un’infanzia normale. Da giovane è entrato a fare parte degli scout di Chiampo, ha completato gli studi diplomandosi regolarmente. Finché la nonna, che abitava nell’appartamento al piano terra nella stessa palazzina, era ancora in vita lo si vedeva spesso ad aiutare nelle faccende domestiche. Nel lavoro però, dove aveva cercato di seguire le orme del padre restando nel mondo della pelle, non è riuscito ad ingranare, assicurano i vicini. Aveva cambiato più di un posto, spesso perché dopo un periodo a tempo determinato non era stato riconfermato. L’ultima conceria in cui era stato impiegato con una certa continuità è stata la Cadore di Arzignano. Da almeno un mese era però a casa. E probabilmente il suo stato d’animo è peggiorato visto che aveva accettato l’invito dei genitori a cercare supporto affidandosi ad una psicologa. La professionista è stata già sentita dai militari.
Sempre nell’ultimo mese era diventato un assiduo frequentatore dei social: su Facebook conta quasi quattro mila amicizie, su Instagram i profili seguiti sono il doppio. Numeri di rilievo, che possono essere interpretati come una ricerca spasmodica di attenzione. Sul piano della socialità, le foto postate sulle sue pagine lo mostrano sempre in compagnia, spesso a feste in vari locali. Scatti ad immortalare momenti di allegria ma sempre contraddistinti, forse per caratteristiche somatiche, da uno sguardo triste, anche quando sorride. Un volto tranquillo, ma che dietro covava ben altro. 
Saranno le indagini a dire cosa sia scattato nella sua mente fino a portarlo ad organizzare l’uccisione dei propri genitori. A Villaggio Marmi, sorto su iniziativa dei Marzotto per dare un’abitazione ai lavoratori della Industria Marmi Vicentini, allora di proprietà della famiglia valdagnese, poi Margraf ed ora Gruppo Linea Marmo, tutti manifestano incredulità oltre che stupore per quanto accaduto. Tutti non riescono a spiegarsi come quel giovane, che li salutava cordialmente quando lo incrociavano, sia potuto arrivare a tanto. 

Giorgio Zordan - Diego Neri

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