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Anziani, 900 richieste di assistenza

C’è sempre più bisogno di assistenza domiciliare per i pazienti dimessi dagli ospedali ARCHIVIO
C’è sempre più bisogno di assistenza domiciliare per i pazienti dimessi dagli ospedali ARCHIVIO
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Garantire la continuità della presa in carico del paziente dopo l’ospedale, nel delicato momento di passaggio dalla struttura sanitaria al domicilio. Sono oltre 900 le segnalazioni arrivate nel 2017 alla Centrale operativa territoriale del Distretto Ovest di Arzignano, ex Ulss 5, che ha il compito di valutare le situazioni di fragilità sanitaria ma anche sociale, attraverso un’unità valutativa multidisciplinare, e trovare il percorso idoneo per ogni utente tra domicilio, case di risposo e ospedali di comunità, con 15 posti letto all’ospedale di Valdagno e 6 all’Ipab di Montecchio. Tra le 900 segnalazioni, 700 arrivano per pazienti in dismissione dagli ospedali di Arzignano, Lonigo, Montecchio e Valdagno, e 130 da strutture sanitarie extraulss, per utenti del Distretto Ovest. Di queste 830 il 60% riguarda persone anziane: la fascia d’età più rappresentata, il 38%, va da 80 a 89 anni; il 22% invece da 70 a 79. A completare il quadro ci sono circa 25 segnalazioni dal territorio, dalle istituzioni ma non dagli ospedali, e una settantina riguardano situazioni di fragilità dei minori. «C’è una rete che funziona nel Distretto – spiega Cristina Dalla Riva, infermiera della Centrale operativa – che si interfaccia giornalmente con i medici delle cure primarie. La Centrale, Cot, per garantire la continuità a sostegno dell’utente dopo la segnalazione approfondisce il caso e convoca l’unità valutativa multidisciplinare per la presa in carico che coinvolge medico di medicina generale e ospedaliero, assistenza domiciliare e assistenti sociali del Comune. Il tutto governato dal medico di distretto con cui si definisce il migliore percorso per l’utente. Le segnalazioni sono per la maggior parte di pazienti dimessi dagli ospedali, soprattutto dall’area medica, medicina, geriatria, lungodegenza». «Rispetto ad una volta i bisogni delle persone sono tanti e crescenti – spiega Paola Peruzzo, responsabile cure primarie Distretto Ovest – si è allungata la vita ma anche la malattia e sono aumentati i casi di disagio sociale economico. Occorre identificare il bisogno, di tipo sanitario o assistenziale, o entrambi. E poi valutare il percorso». Oltre alle strutture intermedie, tra cui gli ospedali di comunità, ha un ruolo fondamentale l’Adi, assistenza domiciliare integrata, che opera su tre livelli e non solo a sostegno degli anziani ma anche di bambini con gravi disabilità. «Il primo livello prevede assistenza infermieristica a casa, per flebo o medicazioni – continua Peruzzo – o prelievi di sangue a domicilio. Nel 2017 hanno coinvolto 3.960 pazienti. Al secondo livello, che richiede l’intervento medico oltre che infermieristico, e quindi si tratta di assistenza programmata domiciliare, lo scorso anno gli utenti erano 1.567. Al terzo, il più complesso tra assistenza infermieristica, medica ma anche specialistica, ci sono circa 597 utenti, di cui la metà per cure palliative». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Luisa Nicoli

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