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Addio a Giuseppe, reduce di Cefalonia

La colonna dei  soldati della Divisione Acqui dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943
La colonna dei soldati della Divisione Acqui dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943
La colonna dei  soldati della Divisione Acqui dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943
La colonna dei soldati della Divisione Acqui dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943

Se n’è andato Giuseppe Carradore il reduce di Cefalonia di Arzignano. Ancora pochi mesi e avrebbe compiuto 100 anni Jose, come era conosciuto in città. Carradore faceva parte degli ultimi reduci - sono rimasti una sessantina - che vissero la tragedia nell’isola greca dopo l’8 settembre 1943. Arruolato in Fanteria nella Divisione Acqui, che dopo l’armistizio combatté valorosamente contro i tedeschi che intimarono la resa, fu uno dei 2 mila soldati che riuscì a salvarsi dall’eccidio e a ritornare in patria. Non senza dolore e difficoltà. Durante la seconda guerra mondiale nell’isola, ritenuta strategicamente importante, erano presenti migliaia di soldati italiani e tedeschi. Quelli che fino a poco prima erano alleati, divennero nemici dopo la firma dell’armistizio di Cassibile. I nazisti intimarono agli italiani di arrendersi e di consegnare le armi e, al rifiuto di questi ultimi, iniziarono i combattimenti. Scontri che durarono giorni con pesanti perdite, fino alla resa italiana, alla quale fecero seguito massacri e rappresaglie nonostante la cessazione di ogni resistenza. A perdere la vita furono 8 mila soldati italiani. A raccontare come il cavaliere Jose Carradore riuscì a salvarsi miracolosamente è uno dei figli, Guido, molto legato al genitore. «Mio padre mi raccontò che gli italiani vennero messi tutti in fila per essere fucilati - spiega -. Lui era fra gli ultimi e, visto cosa stava accadendo, si buttò a lato nascondendosi sotto i corpi dei compagni uccisi». Rimase così, immobile, facendo finta di essere morto per un giorno e mezzo. Al calare della notte Carradore, insieme ad un compagno di Brescia, riuscì a scappare. I due si diressero verso le montagne, dove continuarono a nascondersi in stalle e fienili. «Ogni tanto riuscivano a mangiare qualcosa - prosegue il figlio Guido - grazie alla generosità dei contadini greci». Rimasero nascosti per un anno, fino a quando seppero che i nazisti si erano ritirati. Fu in quel momento che scesero a valle, vennero imbarcati alla volta di Taranto e seguirono gli alleati, che avanzavano verso il nord Italia. «Quando tornò a casa, tutti erano convinti che fosse morto dal momento che non dava notizie di sé da anni - dice ancora Guido Carradore -. Lavorò come operaio specializzato alle Officine Pellizzari fino alla pensione». Ma Jose non dimenticò mai ciò che era accaduto. Iscritto all’associazione combattenti e reduci, ogni anno era presente alla cerimonia di Verona, in memoria dell’eccidio della sua divisione. Inoltre, ad Arzignano non è mai mancato alle manifestazioni in memoria dei Caduti arzignanesi di tutte le guerre. «Mio padre era un brava persona, è stato un ottimo padre - afferma il figlio Guido - non ci ha mai fatto mancare nulla». Oltre ad essere insignito del cavalierato, Carradore ricevette anche la Medaglia della Liberazione, istituita dal Presidente delle Repubblica per ricordare i 70 anni della Liberazione, appunto. È stato premiato anche come cittadino benemerito di Arzignano. Il funerale viene celebrato stamane alle 9.30 nel duomo di Ognissanti. A stringersi ai figli Silvano, Guido e Paolo, ci saranno anche i rappresentanti delle associazioni d’arma e combattentistiche, come conferma il presidente di AssoArma Carmelo Bordin, e gli alpini in un picchetto d’onore. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Antonella Fadda

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