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Vestiti falsi, paga i danni: caso chiuso

Capi di abbigliamento taroccati sequestrati in un blitz della finanza. ARCHIVIOIl processo si è chiuso l’altro giorno davanti al giudice Bordoni
Capi di abbigliamento taroccati sequestrati in un blitz della finanza. ARCHIVIOIl processo si è chiuso l’altro giorno davanti al giudice Bordoni
Capi di abbigliamento taroccati sequestrati in un blitz della finanza. ARCHIVIOIl processo si è chiuso l’altro giorno davanti al giudice Bordoni
Capi di abbigliamento taroccati sequestrati in un blitz della finanza. ARCHIVIOIl processo si è chiuso l’altro giorno davanti al giudice Bordoni

Dopo che nell’ottobre 2014 la Guardia di finanza era entrata nel suo negozio di Montegalda sequestrandogli quasi 300 capi di abbigliamento firmati, tra gli altri, Burberry, Fred Perry, Ralph Lauren, Gucci; la procura aveva aperto nei confronti di Lorenzo Palanca, 37 anni, di origini padovane, un’inchiesta accusandolo di avere messo in vendita prodotti con marchi contraffatti. Oltre ai 285 vestiti la finanza aveva infatti posto i sigilli anche a 430 fra etichette e cartoncini con i loghi delle stesse marche. Al termine delle indagini preliminari Palanca, difeso dall’avvocato Salvatore Frattallone, era finito a processo. Dibattimento che si è concluso l’altro giorno davanti al giudice Raffaella Bordoni. Che ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell’imputato in quanto il reato a lui ascritto è risultato estinto considerato il positivo esito della messa alla prova. Palanca, come riportato nei motivi della sentenza pronunciata dal giudice, «ha svolto con andamento positivo il periodo di messa alla prova svolgendo lavori di pubblica utilità per il periodo di sei mesi con un impegno di sei ore settimanali alla cooperativa Città Solidale». Il negoziante ha inoltre versato la somma di 1.400 a una onlus, mentre altri soldi, a titolo risarcitorio, sono andati a favore di marchi Burberry, Fred Perry, La Marina e Ralph Lauren. In questo modo, scrive il giudice, «il reato deve essere dichiarato estinto considerato l’esito positivo della messa alla prova e conseguentemente deve dichiararsi non doversi procedere nei confronti dell’imputato». All’epoca del sequestro eseguito dai finanzieri di Vicenza, che erano entrati in azione dopo essere stati avvisati dai colleghi di un’altra provincia, Palanca, tramite il suo legale, aveva presentato ricorso sia al Tribunale del riesame, sia alla Cassazione affinché venissero tolti i sigilli alla merce. Ma entrambi i procedimenti erano stati rigettati confermando la validità dell’operazione eseguita dalle fiamme gialle. I capi di abbigliamento rinvenuti nel negozio “Elysion” di proprietà del 37enne appartenevano a 70 ditte diverse. Alcune di loro avevano appunto deciso di costituirsi parte civile nell’ambito del processo che si era poi aperto davanti al tribunale monocratico. Dibattimento alla fine chiusosi con la sentenza di non doversi procedere visto il risarcimento concesso dal negoziante ad alcune delle imprese che avevano dovuto subire la contraffazione dei loro capi di abbigliamento nonché all’attività prestata da parte dell’imputato alla cooperativa Città Solidale nonché a un ulteriore versamento di denaro girato alla onlus opera Magnificat casa mamma romana. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Matteo Bernardini

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