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Tolti i rimborsi, ospedale senza medici

Una sala operatoria che da maggio  a Noventa sarà attiva solo parzialmente. ARCHIVIOL’ingresso dell’ospedale Pietro Milani di Noventa. ARCHIVIO
Una sala operatoria che da maggio a Noventa sarà attiva solo parzialmente. ARCHIVIOL’ingresso dell’ospedale Pietro Milani di Noventa. ARCHIVIO
Una sala operatoria che da maggio  a Noventa sarà attiva solo parzialmente. ARCHIVIOL’ingresso dell’ospedale Pietro Milani di Noventa. ARCHIVIO
Una sala operatoria che da maggio a Noventa sarà attiva solo parzialmente. ARCHIVIOL’ingresso dell’ospedale Pietro Milani di Noventa. ARCHIVIO

Mancano gli anestesisti e, all’ospedale di Noventa, viene cancellato circa l’80 per cento delle prestazioni di day surgery e week surgery. Il caso è esploso l’altra sera, quando al Pietro Milani sono stati esposti i turni del personale, da cui emerge che vengono mantenute le guardie di anestesia ma, per il resto, le sale operatorie rimarranno per lo più inattive per carenza di medici. «Il problema della mancanza di anestesisti penso sia noto al mondo intero - commenta il dottor Paolo Gennaro, vice presidente regionale di Aaroi Emac, il sindacato di categoria, e anestesista al San Bortolo -. A Vicenza fino a questo momento in qualche modo si era riusciti a tamponarlo ma, nonostante i segnali d’allarme che anche personalmente lancio da mesi, la situazione si è trascinata fino ad arrivare a chiudere le sale operatorie di Noventa». Una sforbiciata che riguarda più o meno tutte le attività chirurgiche offerte dall’ospedale noventano, il primo a pagare lo scotto del braccio di ferro fra sindacato e azienda. «Il problema - spiega Gennaro - si è inasprito alla fine dello scorso anno quando non ci è stata riconosciuta, senza preavviso, l’ultima tranche di un rimborso spese che definirei simbolico. Non solo non è stato rinnovato per il 2019, ma nessuno ha ricevuto il pagamento dell’ultima richiesta di rimborso del 2018, che poteva essere di tre, sei o, come nel mio caso, nove mesi». «Si tratta di pochi soldi - precisa il medico - ma toglierli così non fa che inasprire un livello di conflittualità già piuttosto alto. Siamo arrivati ad un punto in cui la disponibilità dei medici a fare più del dovuto si sta riducendo, in parte perché non vengono riconosciute economicamente le ore di lavoro, in parte perché vengono riconosciute male e in parte perché o il lavoro garantisce una qualità di vita e dà soddisfazioni o ci si disaffeziona». Secondo il dottor Gennaro, fino al primo maggio c’è ancora un minimo di margine di trattativa con l’azienda: «Cerchiamo di farci riconoscere degli incentivi per spostarci - spiega - visto che lavoriamo tutti a Vicenza. Il problema è noto da tempo, forse finora è stato sottovalutato e siamo arrivati a questo punto, ma l’unica risposta che abbiamo ricevuto finora è che non ci sono risorse disponibili. Ci auguriamo tutti che la situazione venga risolta, ma l’impegno dev’essere bilaterale». Se è vero che non c’è un appuntamento fissato dunque, non è da escludere che fra oggi e martedì possa esserci un incontro per cercare di sbloccare la situazione. Abbiamo tentato ieri di avere una risposta dell’azienda sanitaria ma, vista la giornata festiva, non è stato possibile. Il braccio di ferro riguarda i cinque medici a cui viene chiesto di lavorare a Noventa. «Finora - precisa Gennaro - c’è stata una disponibilità volontaria compensata da un rimborso spese ora bloccato. Purtroppo è una situazione che può accadere in tutto il Veneto, in qualsiasi momento». «A Vicenza - conclude - si lavora oltre l’orario contrattuale, diamo parecchie ore in più, ma vengono retribuite con fondi per attività aggiuntiva. In tutta l’Ulss mancano fra i 12 e 15 anestesisti». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Marialuisa Duso

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