<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
La tragedia

Davide Rebellin, il ricordo di parenti e amici: «Buono e timido, da chierichetto a campione»

Nelle parole del cugino Andrea e dei compaesani il profilo di una persona riservata e sempre pronta ad aiutare
Davide Rebellin con i suoi tifosi sulle Torricelle nel 2004 in occasione dei Mondiali di Verona
Davide Rebellin con i suoi tifosi sulle Torricelle nel 2004 in occasione dei Mondiali di Verona
Davide Rebellin con i suoi tifosi sulle Torricelle nel 2004 in occasione dei Mondiali di Verona
Davide Rebellin con i suoi tifosi sulle Torricelle nel 2004 in occasione dei Mondiali di Verona

«Se dovessi raccontare Davide, non basterebbe un giorno intero». È il cugino Andrea Rebellin a parlare. Abita a Madonna di Lonigo, frazione di origine del campione di ciclismo. Ha due anni più di Davide e ha trascorso l’infanzia con lui. «Giocavamo a calcio nei campi di erba medica e ci divertivamo come tutti i bambini della nostra età poi, a 8 anni, lo zio Gedeone (il papà di Davide, ndr) lo ha messo sui pedali e da lì, a poco a poco, tutto è cambiato».

Leggi anche
Morto Davide Rebellin: il campione di ciclismo travolto e ucciso da un camion pirata

Un carattere mite, fin da bambino

Sebbene non avesse mai praticato il ciclismo, Gedeone Rebellin era appassionato di questo sport e, quando l’età lo permetteva, avvicinava tutti i suoi figli alla bicicletta (oltre a Davide, anche Simone, Stefano e Carlo). «Fin da piccolo Davide si distingueva per la bontà d’animo, ha mantenuto per tutta la vita questa mitezza: tutti noi gli volevamo molto bene», continua Andrea.

Leggi anche
Ciclismo italiano sotto choc. Cipollini: «Pedaleremo insieme sulle strade dell'infinito»

Dalla chiesa alle due ruote

«Aveva una grande fede ed era devoto alla Madonna dei Miracoli, l’immagine miracolosa del santuario a pochi passi da casa nostra. A volte lo vedevamo entrare in chiesa con un mazzo di rose da offrire alla Madonna». Anche Renato Giusti, campione di ciclismo dei primi anni Sessanta originario di Bonaldo di Zimella, ricorda il giovane Davide come un ragazzo gentile. «Era timido e pacato, faceva il chierichetto durante le messe nel santuario», rammenta Giusti. «Pensavamo che entrasse in seminario, ma quando abbiamo visto la stoffa che aveva come ciclista abbiamo capito che la sua strada sarebbe stata nel mondo delle due ruote».

«Davide era una persona tranquilla, riservata», aggiunge Davide Ferrandi, suo compaesano. «Era disponibile e generoso e ci ospitava nella sua casa quando andavamo a Montecarlo a vedere il Gran Premio di Formula Uno. Al bar del fratello, spesso i clienti gli chiedevano come stava e a quale gara avrebbe preso parte e lui, pur di poche parole, non si sottraeva alla curiosità e all’ammirazione dei suoi concittadini». «Di Davide ricordo anche l’altruismo», riprende il cugino Andrea. «Quand’era piccolo suo padre gestiva un negozio di alimentari e lui si offriva di aiutarlo a sistemare la merce. Negli ultimi tempi, quando tornava in paese per venire a trovare i suoi genitori, dormiva ancora nella sua vecchia cameretta. Usciva in bici per l’ allenamento quotidiano e appena rientrava si preparava da mangiare: era molto attento all’alimentazione. Per non pesare sulla madre, quando aveva finito di cenare sparecchiava e lavava i piatti». Non era soltanto un campione nello sport, dunque, ma anche nella vita.

Paola Bosaro

Suggerimenti