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Camisano Vicentino

L'ex bambina di Chernobyl trent'anni dopo scappa dai missili e viene accolta dalla stessa famiglia

Maria e le figlie: l’ex bimba di Chernobyl è tornata dalla famiglia che l’aveva accolta negli anni Novanta
Maria e le figlie: l’ex bimba di Chernobyl è tornata dalla famiglia che l’aveva accolta negli anni Novanta
Maria e le figlie: l’ex bimba di Chernobyl è tornata dalla famiglia che l’aveva accolta negli anni Novanta
Maria e le figlie: l’ex bimba di Chernobyl è tornata dalla famiglia che l’aveva accolta negli anni Novanta

Polina e Kristina sono due gemelline ucraine di quattro anni. La prima è una forza della natura: sorride, salta, urla di gioia, corre per la casa. La seconda è più timida, resta abbracciata alla mamma, gioca con le costruzioni e saluta con la mano. Il lungo e massacrante viaggio di cinque giorni che le ha portate dall’Ucraina in Italia non sembra pesare sulle loro piccole spalle. «Per loro è tutto un gioco, non si rendono conto di quello che sta succedendo», racconta Maria, la mamma delle bimbe, lei sì provata dall’incubo che dal 24 febbraio ha sconvolto le loro vite e quelle di milioni di altre persone. È questa la prima famiglia ucraina arrivata a Camisano martedì, accolta ieri dal sindaco Renzo Marangon e ospitata da una generosa famiglia del paese.

Per Maria, 38 anni, è un ritorno: lei, nata e cresciuta a Kiev, è un’ex “bambina di Chernobyl” che, dal 1993 al 2003, ha passato a Camisano molte belle e spensierate estati. A ospitarla, oggi come allora, c’è la stessa famiglia del paese, ovvero un marito e una moglie oggi pensionati, che chiedono di restare anonimi ma che hanno accettato volentieri di raccontarci la storia di questa intensa amicizia. «Ricordo ancora quel 29 maggio del 1993 - racconta il pensionato - Eravamo a Mestre e c’erano tanti bambini ucraini, appena arrivati in Italia per fare il soggiorno estivo. Maria aveva dieci anni e quel giorno era il suo compleanno». Da quel momento, quei due signori italiani sono diventati «come il mio papà e la mia mamma in Italia - racconta la 38enne -. Sono stati la mia famiglia mentre ero lontana da casa». Anche dopo il 2003, quando Maria ha smesso di venire in Italia, i contatti tra Camisano e Kiev non si sono fermati. «Ci siamo sempre sentiti - continua il pensionato -, per telefono prima e in videochiamata poi. Per noi Maria è una di famiglia».

Diventata moglie nel 2017 e mamma un anno dopo, Maria, diplomata e impiegata nell’ufficio di un notaio, non poteva immaginare che avrebbe rivisto i suoi “genitori italiani” in circostanze così drammatiche. In realtà, lei aveva intuito con qualche giorno d’anticipo che un’invasione dell’Ucraina da parte dei russi non era poi così irreale. «Ero quasi sicura che sarebbe successo - spiega in un buon italiano, trattenendo a stento le lacrime - Dopo i primi interventi della Russia nel Donbass, io e mio marito volevamo partire. Purtroppo però non era semplice. Noi ad esempio siamo vaccinati con un vaccino non riconosciuto in Europa. Inoltre al lavoro non volevano che partissi, perché nessuno pensava che ci sarebbe stata la guerra». Giovedì mattina, le bombe hanno fatto piombare l’Ucraina nell’incubo. «Ci siamo svegliati alle 5 del mattino a causa delle esplosioni. Il mio quartiere non è stato colpito, ma sentivamo comunque i missili in lontananza. Non sapevamo se uscire di casa o no. La sera stessa abbiamo capito che restare a Kiev non era sicuro e siamo partiti in macchina. Siamo andati da alcuni amici a passare la notte, a trenta chilometri dalla città».
È così iniziato il viaggio di Maria e della sua famiglia, in fuga dagli orrori della guerra. «Venerdì e sabato abbiamo fatto centinaia di chilometri in macchina, verso ovest. Io e le bambine, domenica, siamo riuscite a salire su un pullman diretto in Italia. Mio marito invece è rimasto in Ucraina e ora è ospite di alcuni amici, perché gli uomini non possono lasciare il Paese». Il pullman è poi rimasto fermo ben «19 ore alla frontiera con l’Ungheria. C’era una lunga colonna di mezzi, pullman piene di donne e bambini, e al confine controllavano tutti». Dopo un altro lungo giorno di viaggio attraverso la Slovenia, martedì Maria e le sue figlie sono arrivate a Padova, dove ad attenderle c’era la coppia di camisanesi.

«Ho detto a Maria che può restare qua tutto il tempo che vuole - le parole del pensionato, commosso al pari della moglie - Lei non è un’ospite, è una di famiglia. Qui a casa spazio ne abbiamo, i nostri figli sono grandi e non abitano più qui». La speranza di tutti è che le armi tacciano. «Non penso che la guerra finirà presto - conclude Maria -. Putin vuole l’Ucraina per ricostruire l’Unione Sovietica». 

Marco Marini

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