<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Montegalda

Il cuoco
dei pellegrini
di Santiago

Erick Pizzolato reduce dalla sua esperienza sulla via per Santiago
Erick Pizzolato reduce dalla sua esperienza sulla via per Santiago
Erick Pizzolato reduce dalla sua esperienza sulla via per Santiago
Erick Pizzolato reduce dalla sua esperienza sulla via per Santiago

MONTEGALDA. Il Cammino di Santiago: esperienza di strada che può offrire anche opportunità d’impiego per molti ragazzi italiani.

Dismesse le scarpe da camminatori, trovano lavoro nelle strutture d’accoglienza per pellegrini. Sarebbero infatti molti i giovani italiani e non, che dopo aver percorso gli 800km dello storico “Cammino delle stelle” spagnolo, decidono di fermarsi per lavoro nei luoghi stessi del pellegrinaggio. Camerieri, cuochi, pizzaioli e webmaster sono le categorie più richieste, stando alle inserzioni in Internet. «Siamo più di quanti si possa immaginare», spiega Erick Pizzolato, trentenne dai spiccati tratti alpini, nato e residente a Montegalda, diplomato in cucina con esperienza da pizzaiolo, appena rientrato dal semestre estivo, dove ha lavorato nella pittoresca locanda para pelegrini “Mattias” di Sarria, gestitata da un toscano, ad un centinaio di cento chilometri da Santiago de Compostela. Nostalgici del Cammino che scelgono di rimanere nel Cammino, avviando qui una professione o più semplicemente venendo assunti solo per un lavoro. Pellegrini che si trasformano in lavoratori, operatori e imprenditori: «Come è accaduto a me –dice Erick-, quando dopo aver compiuto in solitaria nel 2015 l’intero Cammino che dalla Francia porta a Finisterra, rientrato in Italia sentii il richiamo della strada. Attraverso Internet cercai la disponibilità di un impiego compatibile con il mio diploma di tecnico dei servizi di ristorazione, che sul Cammino è molto richiesto. Tre giorni dopo, ero tornato a respirare l’aria del pellegrino in Galizia, stavolta però indossando il cappello da cuoco e il grembiule da pizzaiolo. Non camminavo più fianco a fianco con i pellegrini, ma più semplicemente li nutrivo a tavola…».

«Camminando avevo osservato e ascoltando le esperienze di giovani italiani, pure loro figli del precariato, che ultimato il pellegrinaggio avevano deciso di restare lì a lavorare». «Si sa che il Cammino ti cambia e muta il pensiero sulla vita, aprendo i pensieri e nuove prospettive, tanto che oggi dopo aver racimolare un po’ di denaro lavorando come stagionale, spero di aprire presto una mia locanda sul Cammino». E le idee non gli mancano: «Non voglio che sia il solito albero “para pelegrini” disseminati nel tracciato dopo il boom di presenze degli ultimi anni. Ma un luogo appartato, immerso nella natura, dove i pellegrini possono trovare ristoro con una cucina italiana, tra il nostro agriturismo e l’ostello da pellegrino». Per ora è un sogno, ma ad Erick la voglia di restare nel Cammino gliela si legge negli occhi: «Il Cammino – racconta il giovane cuoco-pellegrino - è anche un’esperienza da sogno che, se sai poi tradurla in pratica, è un autentico slancio di dinamicità che ti viene consegnata dalla storia di quei luoghi. In fondo, qui nulla cambia e tutto cambia, compresi i pellegrini che sembrano gli stessi di sempre, mentre in realtà ognuno ha una storia che si porta nello zaino».

«Ho lavorato fianco a fianco di connazionali, lombardi, veneti e toscani, le cui storie diversissime tra loro gli hanno condotti tutti sul Cammino. Sogno di restare per sempre sul Cammino, con una mia attività antica e moderna nel contempo».A.G.

Suggerimenti