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«Gli scarti dei filtri per pulire i Pfas
non inquinano»

I sacchi contenenti gli scarti dei filtri dei Pfas stoccati all’impianto di filtrazione di Lonigo. A. MASSIGNAN
I sacchi contenenti gli scarti dei filtri dei Pfas stoccati all’impianto di filtrazione di Lonigo. A. MASSIGNAN
I sacchi contenenti gli scarti dei filtri dei Pfas stoccati all’impianto di filtrazione di Lonigo. A. MASSIGNAN
I sacchi contenenti gli scarti dei filtri dei Pfas stoccati all’impianto di filtrazione di Lonigo. A. MASSIGNAN

«Acque del Chiampo non inquina. Depura». L’amministratore unico Alberto Serafin non ci sta. Dopo che la società di Arzignano che gestisce il ciclo idrico integrato in 10 comuni della Valchiampo ha investito 3 milioni di euro per far fronte al problema perfluori - «e non abbiamo ricevuto finanziamenti esterni» - Serafin ora ribatte in maniera decisa all’accusa lanciata da un allevatore in merito ai sacchi bianchi che contengono gli scarti dei filtri ai carboni attivi. «Si tratta di contenitori impermeabili, depositati, e non certo abbandonati, su un’area di nostra proprietà in attesa che la ditta incaricata venga a prelevarli per lo smaltimento - spiega - e comunque i carboni attivi non rilasciano alcun inquinante. Anzi, servono proprio a non far inquinare».

Da quando è emerso il problema Pfas nel 2013, Acque del Chiampo ha investito in un laboratorio per attrezzature e monitoraggi attrezzato, nel sistema di filtri ai carboni attivi, nell’allacciamento all’acquedotto dell’utenza, in particolare di Brendola e Lonigo, servita solo dai pozzi. «Spese che gravano sui cittadini perché le somme le abbiamo dovute trovare noi e per il momento sono caricate sulle tariffe civili dell’acqua - continua l’amministratore unico di Acque del Chiampo -. Dalla Miteni infatti tutto tace, impossibile avere con loro un dialogo collaborativo, anzi siamo in fase di tensioni legali. E qualcuno adesso vorrebbe far ricadere sui cittadini anche i costi per una ulteriore riduzione dei parametri». Il riferimento è al sindaco di Lonigo Luca Restello che, con altri comuni vicentini e veronesi, ha presentato alle istituzioni una richiesta di riconoscimento del disastro ambientale per la questione perfluori che ha colpito il territorio. Documento in cui si chiede anche di ridurre ulteriormente da 500 a 100 la quantità di nanogrammi litro di pfas tollerati.

«Condivido l’aspetto del disastro ambientale - continua Serafin - ma vorrei capire su quali basi tecniche il sindaco Restello chiede un abbassamento dei parametri fissati da Regione e Istituto Superiore di Sanità. Non siamo noi a decidere cosa e quanto scarica un distretto industriale, ci sono gli enti preposti. La domanda potrebbe essere: i limiti stabiliti attualmente sono sufficienti? Istituto Superiore di Sanità e di conseguenza Regione avranno avuto una ratio, una base tecnica per fissarli. Ma Lonigo su quali dati sostiene che non siano sufficienti e vadano ulteriormente abbassati? Una risposta può darla soltanto un tavolo tecnico che metta insieme ambiente, sanità e gestori».

Prosegue l’amministratore unico di Acque del Chiampo: «Questo non è un tema da slogan politici. È una materia complessa. Tra l’altro abbassare i limiti ulteriormente significherebbe aumentare i costi dei filtri ai carboni attivi, non dimentichiamo che già adesso l’acqua è pulita e li teniamo a regime. Prima di lanciare certe dichiarazioni bisognerebbe capire e confrontarsi. Per questo sarebbe utile che il sindaco di Lonigo partecipasse alle riunioni del Consiglio di Bacino: ci siamo confrontati la scorsa settimana su sua richiesta per parlare di questi temi e lui non si è presentato. Mi auguro che si torni al clima di collaborazione di qualche tempo fa».Conclude: «Sull’allarme tumori non entro in merito».

Luisa Nicoli

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