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VENTI NUCLEARI
IL CICLONE TRUMP
SPAZZA VIA L’IRAN

Donald Trump mentre abbandona il podio della Nazioni Unite dopo il suo primo discorso. XINHUA/LI MUZI Parata militare in Iran in occasione dell’anniversario della guerra
Donald Trump mentre abbandona il podio della Nazioni Unite dopo il suo primo discorso. XINHUA/LI MUZI Parata militare in Iran in occasione dell’anniversario della guerra
Donald Trump mentre abbandona il podio della Nazioni Unite dopo il suo primo discorso. XINHUA/LI MUZI Parata militare in Iran in occasione dell’anniversario della guerra
Donald Trump mentre abbandona il podio della Nazioni Unite dopo il suo primo discorso. XINHUA/LI MUZI Parata militare in Iran in occasione dell’anniversario della guerra

Come se non bastassero le perturbazioni nucleari dalla Corea del Nord, ora Donald Trump pensa seriamente di far saltare l’accordo con l’Iran firmato da Obama nel 2015. Non è un mistero che il presidente americano veda come il fumo negli occhi questa intesa con Teheran tra i 5 Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu più la Germania, in virtù della quale Stati Uniti ed Europa hanno concesso di eliminare le sanzioni economiche all’Iran. Dal canto suo l’Iran ha accettato di limitare il programma nucleare consentendo periodici controlli alle sue installazioni nucleari.

Questo accordo è stato sostenuto dai Paesi europei: togliere le sanzioni a Teheran equivale alla piena riapertura di un mercato importante per l’export del Vecchio Continente. Per Trump, invece, questo accordo è una sciagura: «Il peggior accordo mai negoziato», ha dichiarato fin dai primi giorni della sua campagna elettorale. Questa sua posizione non è secondaria per il futuro dell’intesa: la firma di Obama sullo storico documento prevede che ogni 90 giorni l’Amministrazione Usa invii al Congresso una certificazione volta ad assicurare che l’Iran stia rispettando i termini dell’accordo. «Trump ha certificato per la prima volta in aprile che l’Iran stava rispettando gli impegni - ricorda The Economist -. E quando il presidente ha di nuovo confermato che tutti i termini erano rispettati per la seconda volta in luglio, se l’è presa con il team della sicurezza nazionale e col segretario di Stato, Rex Tillerson, per non avergli fornito la prova della cattiva fede dell’Iran. La prossima valutazione sarà fatta in ottobre e probabilmente a Trump verranno forniti argomenti a sostegno dello stop alla validità dell’intesa».

All’ultima assemblea generale dell’Onu, a chi gli chiedeva conto delle intenzioni degli Usa, Trump ha risposto: «Ho deciso». Non ha detto cosa ha deciso, ma pare logico attendersi una rottura del patto con gli iraniani. Che peraltro in questi giorni hanno annunciato un test su un nuovo missile balistico: niente a che vedere con l’accordo, ma certo non un buon sistema per convincere il mondo che Trump stia sbagliando. «L’accordo c’è, lo rispetteremo, ma non aspetteremo che gli Stati Uniti pongano nuove condizioni, prima ancora di aver concluso quanto fissato dall’intesa – ha detto il presidente iraniano Hassan Rouhani -. Porteremo avanti il nostro programma nucleare senza farci condizionare dagli Usa e dai suoi cambiamenti nella politica estera».

In realtà in questo momento non ci sono appigli formali cui aggrapparsi per sostenere che l’Iran stia barando. «L’accordo sul nucleare iraniano non appartiene a un Paese o a sei paesi, appartiene alla comunità internazionale – ha detto Federica Mogherini, Alto rappresentante per la politica estera Ue -. Non c’è un Paese che può smantellarlo, perché è una risoluzione del Consiglio di sicurezza». Ma l’Iran in questo momento è lo spauracchio globale del mondo islamico sunnita, Arabia in testa, e di Israele, guarda caso alleati stretti degli Stati Uniti a cui hanno chiesto di intervenire per evitare che Teheran espanda ancora il suo potere in Siria. Trump pare deciso a raccogliere questo appello. Con il rischio di riaccendere la corsa al nucleare anche nella polveriera del Medio Oriente. Come se non bastasse il folle dittatore coreano.

Marino Smiderle

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