<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

SE LA MACEDONIA CAMBIA NOME

Il primo ministro macedone, Zoran Zaev, e quello greco, Alexis Tsipras, sulle sponde del lago Prespa nei pressi di Otesevo con l’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri Federica Mogherini e le delegazioni. AFP PHOTO/MAJA ZLATEVSKATsipras e Zaev hanno raggiunto lo storico accordo. EPA/NAKE BATEV
Il primo ministro macedone, Zoran Zaev, e quello greco, Alexis Tsipras, sulle sponde del lago Prespa nei pressi di Otesevo con l’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri Federica Mogherini e le delegazioni. AFP PHOTO/MAJA ZLATEVSKATsipras e Zaev hanno raggiunto lo storico accordo. EPA/NAKE BATEV
Il primo ministro macedone, Zoran Zaev, e quello greco, Alexis Tsipras, sulle sponde del lago Prespa nei pressi di Otesevo con l’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri Federica Mogherini e le delegazioni. AFP PHOTO/MAJA ZLATEVSKATsipras e Zaev hanno raggiunto lo storico accordo. EPA/NAKE BATEV
Il primo ministro macedone, Zoran Zaev, e quello greco, Alexis Tsipras, sulle sponde del lago Prespa nei pressi di Otesevo con l’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri Federica Mogherini e le delegazioni. AFP PHOTO/MAJA ZLATEVSKATsipras e Zaev hanno raggiunto lo storico accordo. EPA/NAKE BATEV

In fondo sono passati meno di 2.400 anni dalla nascita di Alessandro il Macedone, passato poi alla storia come Alessandro il Grande. Ed è proprio sulla storia che da quasi trent’anni Skopje e Atene se le stavano dando di santa ragione. Da quando, e correva l’anno 1991, la Macedonia si staccò dalla Jugoslavia per diventare uno stato indipendente. Il cui nome, però, non è mai stato riconosciuto dalla Grecia, tanto che l’iscrizione al club dell’Onu poté avvenire solo con l’escamotage di un acronimo, Fyrom (Former Yugoslav Republic of Macedonia), che evitasse l’attribuzione del “brand” a quella che per i greci è solo una parte dell’antica Macedonia, comprendente appunto pezzi di Albania, Grecia, Bulgaria e Fyrom. Bene, questa guerra anacronistica con la storia e con la geografia potrebbe essere terminata l’altro giorno in riva al lago Prespa, collocato proprio al confine tra Grecia, Albania e Fyrom, «dove Nikos Kotzias e Nikola Dimitrov, i ministri degli esteri di Atene e Skopje - come ha ricordato Repubblica - hanno firmato le diciannove pagine dello storico accordo che sigla la pace tra i due paesi: il nuovo nome di Fyrom sarà “Repubblica del Nord di Macedonia”». Eccolo il punto, il nome. I premier dei due paesi contendenti, Alexis Tsipras e Zoran Zaev, ci stavano lavorando da tempo. Zaev, per esempio, in segno di distensione verso il collega greco, nei mesi scorsi aveva provveduto a smantellare qualche statua di Alessandro Magno e a togliere il medesimo nome all’aeroporto di Skopje. Piccola curiosità: la statua di «un antico soldato a cavallo», inaugurata a Skopje nel 2011 e realizzata dalla fonderia artistica Guastini di Gambellara assieme ad altri monumenti, è rimasta al suo posto, nonostante tutti abbiano capito chi e cosa rappresenti quell’opera alta 13 metri e dal peso di 300 quintali. «Questo è il nostro appuntamento con la storia - ha detto Tsipras - e chiudiamo 26 anni di polemiche sterili avvelenati dallo sciovinismo». «Era il momento giusto per archiviare le incomprensioni del passato e guardare verso il futuro - ha ribadito Zaev - e noi abbiamo avuto il coraggio di provare a fare un passo avanti». Nelle folta delegazione diplomatica che ha assistito alla firma della rinascita di questo Stato con un nuovo nome non poteva mancare Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri. «Ho già raccomandato che i negoziati per l'adesione inizino presto - ha rivelato -. Questo compromesso è un esempio per tutte le altre situazioni delicate dell’area». Se la Macedonia, o Fyrom, o come diavolo la si volesse chiamare, avesse avuto il via libera dalla Grecia, infatti, probabilmente sarebbe già sulla buona strada per entrare a far parte del gruppo, al momento preso a pallate da sovranisti e populisti, del Vecchio Continente. E pure della Nato, tenuto conto della delicatezza strategica dell’area. La pace storica e le celebrazioni di questo accordo, peraltro ancora contestato da formazioni politiche di entrambe le parti e a rischio imboscata nelle varie fasi di approvazione previste, hanno infatti un grande significato geopolitico: se a greci e macedoni importava la questione dell’identità (c’è una regione greca che si chiama Macedonia che ora si “sposa” con la presenza della Repubblica di Macedonia del nord), a Europa e Occidente importava la compattezza del fronte balcanico, da sempre ritenuto una polveriera. Non è un caso che, come ha scritto Repubblica, «il convitato di pietra della firma fosse ovviamente Vladimir Putin. La Russia, preoccupata per l’ingresso della Macedonia nell’Alleanza atlantica, ha già fatto sapere che il compromesso siglato ieri “non aiuta la pace nella regione”». Intanto in Grecia e in Macedonia si agitano i nazionalisti di turno, quelli che pensano che l’integrità del Paese si difenda spolverando la storia di due millenni fa. Il parlamento macedone, però, ha ratificato l’accordo con la Grecia: a favore hanno votato 69 deputati su 120. Conta più l’ingresso nella derelitta Ue che la statua di Alessandro. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Suggerimenti