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SE LA CINA SI “COMPRA” I VALORI

Una mamma uigura porta i figli a scuola con uno scalcinato carretto a motore soto un poster che inneggia a Xi Jinping e alla Cina. Lo Xinjiang, la regione abitata dagli uiguri, è diventata uno stato di polizia. ANSA/AP PHOTO/ANDY WONGUna donna davanti a un mezzo della polizia a Urumqi.  ARCHIVIO
Una mamma uigura porta i figli a scuola con uno scalcinato carretto a motore soto un poster che inneggia a Xi Jinping e alla Cina. Lo Xinjiang, la regione abitata dagli uiguri, è diventata uno stato di polizia. ANSA/AP PHOTO/ANDY WONGUna donna davanti a un mezzo della polizia a Urumqi. ARCHIVIO
Una mamma uigura porta i figli a scuola con uno scalcinato carretto a motore soto un poster che inneggia a Xi Jinping e alla Cina. Lo Xinjiang, la regione abitata dagli uiguri, è diventata uno stato di polizia. ANSA/AP PHOTO/ANDY WONGUna donna davanti a un mezzo della polizia a Urumqi.  ARCHIVIO
Una mamma uigura porta i figli a scuola con uno scalcinato carretto a motore soto un poster che inneggia a Xi Jinping e alla Cina. Lo Xinjiang, la regione abitata dagli uiguri, è diventata uno stato di polizia. ANSA/AP PHOTO/ANDY WONGUna donna davanti a un mezzo della polizia a Urumqi. ARCHIVIO

I soldi comprano i valori messi in vendita a poco prezzo. Succede così che la Cina sta ottenendo quello che voleva: far passare sotto silenzio, come una normale «faccenda interna», la reclusione extragiudiziale in veri e propri campi di concentramento di circa un milione di uiguri, la popolazione di religione musulmana e di etnia turcofona che vive nello Xinjiang, regione a nord ovest della Cina. Come ha rilanciato con grande evidenza in prima pagina il New York Times, sono proprio i paesi islamici a tenere un basso profilo su una questione che invece dovrebbe indurli a gridare alla persecuzione sistematica di milioni di propri correligionari. Follow the money, segui il denaro e ti dirò chi vende i valori. Prendiamo per esempio Recep Tayyip Erdogan, potente presidente della Turchia che si atteggia a baluardo del credo islamico nel mondo in concorrenza con l’Arabia Saudita. Bene, dieci anni fa, quando il sultano stava programmando la distruzione del laicismo su cui Ataturk aveva costruito la Turchia moderna, non esitava a definire il modo con cui i cinesi trattavano gli uiguri «semplicemente come un genocidio». Quest’estate, quando lo stesso Erdogan è andato in visita ufficiale in Cina, ha elogiato il progetto della Via della Seta di Xi Jinping, corredato di miliardi di investimenti decisivi per rianimare la disastrata economia turca, ma non ha speso una parola per gli uiguri detenuti nei campi di concentramento. Evidentemente Erdogan ha applicato per lo Xinjiang lo steso metodo che pretende che il resto del mondo applichi per l’Armenia di un secolo e passa fa: non sta succedendo e non è successo niente. In realtà qualcosa sta succedendo nello Xinjiang. Da anni la Cina ha deciso di usare metodi inconciliabili con il sistema di valori occidentali. Fin qui, nulla di nuovo. Ma l’internamento progressivo di un milione di persone senza che queste siano considerate responsabili di alcun reato ma col solo scopo di «educarle» e di cancellare la loro cultura e la loro religione, beh, non è che il consesso della nazioni unite possa digerirlo senza fare un plissè. Per la verità qualche plissè è stato anche fatto. L’8 luglio di quest’anno 22 Paesi, in gran parte europei con Australia e Giappone, hanno sottoscritto una lettera spedita poi al Consiglio dei diritti umani dell’Onu per chiedere che venisse posta fine all’arbitraria detenzione di massa degli uiguri. Ma la Cina ne ha fatto una questione decisiva per il suo futuro e non tollera che qualcuno ci metta il naso. Per questo sono ben pochi i Paesi che, singolarmente, osino alare il ditino. Anche Francia e Germania, solitamente considerati i principali difensori dei valori occidentali in Europa, evitano di sollevare con troppa evidenza la questione: le commesse in Cina valgono più di una minoranza perseguitata. «I campi di educazione - ha detto il ministro degli esteri cinese Wang Yi a margine di una riunione all’Onu - sono di fatto delle scuole che aiutano le persone a liberarsi dei germi del terrorismo e dell’estremismo, acquisendo nel contempo nuove qualifiche professionali». Xi Jinping è estremamente sensibile all’argomento. Il premier ha voluto usare la tecnica del pugno di ferro con gli uiguri, visto che lo Xinjiang era diventata la regione più riottosa e adesso ha dato ordine alla struttura di fare tutto il possibile perché all’estero non se ne parli. Il New York Times ha rivelato che in una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu all’ordine del giorno c’era un punto relativo ai diritti umani in Siria e, nel timore che la discussione scivolasse sullo Xinjiang, la Cina è intervenuta. Poco prima che iniziasse la discussione sulla Siria, il rappresentante della Costa d’Avorio non si è presentato, facendo saltare il numero legale e mandando all’aria l’incontro. L’ambasciatore della Costa d’Avorio ha spiegato di aver ricevuto una telefonata da Pechino che dava istruzioni in tal senso. Inutile aggiungere che l’economia della Costa d’Avorio dipende dagli investimenti cinesi. Il cui fine ultimo sembra essere quello di sovvertire la scala dei valori, con risultati finora pericolosamente positivi. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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