<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

RIPARTE LA CORSA AL NUCLEARE

Un militare russo vicino a un lanciamissile Iskander M. L’uscita dal trattato Inf da parte degli Stati Uniti e della Russia poi apre una fase d’incertezza negli arsenali nucleari e riporta ai tempi della guerra fredda. EPA/SERGEI CHIRIKOVDonald Trump ha ritirato gli Usa dal trattato Inf. EPA/OLIVER CONTRERAS
Un militare russo vicino a un lanciamissile Iskander M. L’uscita dal trattato Inf da parte degli Stati Uniti e della Russia poi apre una fase d’incertezza negli arsenali nucleari e riporta ai tempi della guerra fredda. EPA/SERGEI CHIRIKOVDonald Trump ha ritirato gli Usa dal trattato Inf. EPA/OLIVER CONTRERAS
Un militare russo vicino a un lanciamissile Iskander M. L’uscita dal trattato Inf da parte degli Stati Uniti e della Russia poi apre una fase d’incertezza negli arsenali nucleari e riporta ai tempi della guerra fredda. EPA/SERGEI CHIRIKOVDonald Trump ha ritirato gli Usa dal trattato Inf. EPA/OLIVER CONTRERAS
Un militare russo vicino a un lanciamissile Iskander M. L’uscita dal trattato Inf da parte degli Stati Uniti e della Russia poi apre una fase d’incertezza negli arsenali nucleari e riporta ai tempi della guerra fredda. EPA/SERGEI CHIRIKOVDonald Trump ha ritirato gli Usa dal trattato Inf. EPA/OLIVER CONTRERAS

Sembra quasi che Donald Trump abbia voluto dare un segnale a chi lo sospetta, o lo accusa direttamente, di connivenza con la Russia di Vladimir Putin. L’annuncio urbi et orbi che il presidente degli Stati Uniti ha dato il 1° febbraio scorso ha il sapore di una dichiarazione di guerra, peraltro nucleare, a Mosca: «Entro sei mesi usciremo dal Trattato sulle armi nucleari a medio raggio (Inf)». Per capire di cosa si tratta occorre spostare le lancette della storia al 1987, quando ancora il muro di Berlino pareva solido ma in realtà era pieno di crepe provocate dall’accelerazione libertaria impressa dal doppio mandato di Ronald Reagan alla Casa Bianca (memorabile il discorso pronunciato l’8 marzo 1983, in occasione dell’assemblea dell’Associazione evangelica nazionale a Orlando, in cui definì l’Unione Sovietica l’impero del male). Arrivato al Cremlino il riformatore Michail Gorbaciov, la distensione fra le due grandi potenze, e i due grandi presidenti, venne sancita proprio dalla firma in calce al trattato che di fatto mise uno stop all’escalation degli euromissili, ovvero dei missili nucleari a raggio intermedio installati da Usa e Unione Sovietica sul territorio europeo. Fu la fine della guerra fredda, seguita un paio d’anni dopo dalla caduta del muro di Berlino. Il fatto che 32 anni dopo gli Stati Uniti, guidati dal presidente più imprevedibile e incontrollabile della storia recente, decidano di uscire da quel trattato che, bene o male, aveva in qualche modo impedito il proliferare incondizionato degli armamenti nucleari, non lascia ben sperare per il futuro. I motivi ufficiali di questa decisione li ha spiegati il segretario di stato Mark Pompeo: «Per anni la Russia ha violato i termini del trattato Inf - ha dichiarato - e non ha senso firmare un accordo se una delle parti non lo rispetta». «Specialisti e politici di vari paesi occidentali - scrive Foreign Policy, ripresa da Internazionale - concordano sul fatto che la Russia abbia violato le norme del trattato, ma non sono convinti che abbandonarlo sia una buona idea. Al contrario, temono che la decisione degli Stati Uniti possa innescare una nuova corsa agli armamenti nucleari con Mosca e mettere a repentaglio un altro accordo fondamentale per il controllo, il cosiddetto New Start». Ma lo stesso Trump, contro cui più di qualcuno vorrebbe avviare la procedura di impeachment per collusioni con la Russia, ha deciso di metterla giù dura. E in un comunicato spiega i motivi che lo hanno indotto allo strappo: «Andremo avanti con lo sviluppo delle nostre opzioni di risposta militare e lavoreremo con la Nato e i nostri alleati per negare alla Russia ogni vantaggio militare derivante dalla sua condotta illegale». La sensazione di alcuni esperti militari, però, è che l’offensiva di Washington su Mosca abbia in realtà come obiettivo quello di tenersi le mani libere per contrastare l’ascesa militare della Cina, potenza mondiale fuori dall’ambito dell’Inf. Resta il fatto che la preoccupazione generale riguarda una possibile corsa agli armamenti nucleari. La Cina, come ricordava l’Ansa, vanta al momento il quarto arsenale atomico più grande al mondo con circa 280 testate, a fronte delle 6.450 degli Usa e della 6.850 della Russia, secondo le stime dello Stockholm International Peace Research Institute. Ma al di là delle armi nucleari, non avendo firmato quel trattato, «Pechino - scrive sempre Foreign Policy - ha potuto costruire un vasto arsenale di armi non nucleari, come il missile balistico DF-21 che oggi minaccia la libertà di navigazione nel Pacifico. Ed è proprio nel Pacifico che gli Stati Uniti vorrebbero “ristrutturare” l’apparato missilistico, per proteggere i paesi alleati e per impedire che la Cina diventi padrona assoluta e si prenda con la forza quelle isole su cui è ancora in corso una diatriba diplomatica. Quando Reagan vide il muro di Berlino crollare sotto i colpi della libertà, pensò con sollievo a quel trattato firmato per salvaguardare la pace. Dopo 32 anni si rivedono i missili e un muro, in Messico. E le lancette della storia paiono impazzite. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Suggerimenti