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MONDO ISLAMICO
LA RESA DEI CONTI TRA ARABIA E IRAN

Ali Khamenei saluta la folla al 28° anniversario della morte di Khomeini. EPA/IRANIAN SUPREME LEADER WEBSITE Folla ai funerali delle vittime degli attentati terroristici a Teheran
Ali Khamenei saluta la folla al 28° anniversario della morte di Khomeini. EPA/IRANIAN SUPREME LEADER WEBSITE Folla ai funerali delle vittime degli attentati terroristici a Teheran
Ali Khamenei saluta la folla al 28° anniversario della morte di Khomeini. EPA/IRANIAN SUPREME LEADER WEBSITE Folla ai funerali delle vittime degli attentati terroristici a Teheran
Ali Khamenei saluta la folla al 28° anniversario della morte di Khomeini. EPA/IRANIAN SUPREME LEADER WEBSITE Folla ai funerali delle vittime degli attentati terroristici a Teheran

La spaccatura del mondo islamico è così profonda e lacerante che le scosse potenti che ne deriveranno rischiano di scatenare una guerra lunga e sanguinosa. Una guerra non convenzionale, ovviamente, ma fatta di attacchi terroristici condotti con la stessa tecnica che Londra e Parigi hanno purtroppo imparato a conoscere. E che adesso è stata esportata in Iran, per colpire il regime degli ayatollah sciiti accusato dalla dinastia sunnita dell’Arabia di essere il primo fomentatore del terrorismo nell’area.

Difficile seguire un ragionamento logico nei nuovi equilibri dell’universo musulmano all’indomani della messa al bando del Qatar da parte, tra gli altri, di Arabia Saudita, Egitto, Bahrein ed Emirati. Messa così sembrerebbe una resa dei conti all’interno del comparto sunnita, quello che fa riferimento a Riad e che costituisce la stragrande maggioranza dei seguaci del Corano. In realtà a Doha, al di là delle accuse più che plausibili di essere tra i finanziatori dei macellai dell’Isis, viene imputata un’eccessiva vicinanza all’Iran per ragioni commerciali. «Questi rapporti non piacciono a Riad - scrive Mediapart, ripreso da Internazionale - che è determinata a contrastare con tutti i mezzi a sua disposizione i tentativi dell’Iran d’imporre la sua supremazia nella regione, considerato che dopo la firma dell’accordo sul nucleare nel giugno del 2015, l’Iran non è più isolato sulla scena internazionale».

In tutto questo non è secondaria la visita di Donald Trump proprio all’Arabia Saudita. In quella circostanza il re saudita Salman ha accolto con giubilo l’invito del presidente americano di contenere l’Iran, smentendo di fatto le aperture contenute nel trattato promosso dal suo predecessore Barack Obama. Sarà un caso, ma in cambio di questo cambiamento di visione, o meglio, di questo ritorno ai vecchi alleati, Trump ha ottenuto commesse miliardarie da Riad. E adesso l’Arabia può permettersi il lusso di chiamare il mondo islamico a raccolta contro chi è ritenuto responsabile di finanziare il terrorismo. Dimenticando che gli ideologi del terrore, a partire da Osama bin Laden, provengono in gran parte proprio dall’Arabia, culla del wahabismo.

Comunque la tesi dell’Iran impero del male, o quasi, stride maledettamente con l’ultimo attentato organizzato dall’Isis a Teheran che ha provocato 17 vittime. È la prima volta che gli scherani del Califfo esportano il loro carico di morte in Iran, peraltro uno dei Paesi che li combatte in Siria a sostegno, però, di un impresentabile dittatore come Assad. Insomma, il filo di alleanze e rapporti diventa sempre più intrecciato ma lascia intendere che il groviglio dei conflitti è fittissimo e saldamente radicato in Medio Oriente. Col satrapo turco Recep Tayyip Erdogan che, dopo aver reso porose le frontiere con la Siria e lasciato passare i foreign fighters dell’Isis, adesso è più orientato a dare una mano a Russia e Iran per sistemare la questione siriana, direttamente collegata con quella curda.

Un ginepraio che, se si guarda al calendario, diventa inestricabile a partire dallo scoppio della primavera araba e dall’ascesa al potere dei Fratelli musulmani in Egitto, poi deposti da al-Sisi. Il Qatar che li sostiene ora è messo al bando dall’Arabia che li sosteneva prima . Il futuro è denso di nubi.

Marino Smiderle

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