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LIBERA CANNA IN LIBERO CANADA

Piantine di cannabis coltivate nell’azienda Up’s di Lincoln, in Ontario. La legalizzazione della marijuana ha fatto del Canada il primo paese del G20 a permettere la vendita dei prodotti derivati nei negozi. LARS HAGBERG/AFP In fila per i primi spinelli legali a Montreal. MARTIN OUELLET-DIOTTE / AFP
Piantine di cannabis coltivate nell’azienda Up’s di Lincoln, in Ontario. La legalizzazione della marijuana ha fatto del Canada il primo paese del G20 a permettere la vendita dei prodotti derivati nei negozi. LARS HAGBERG/AFP In fila per i primi spinelli legali a Montreal. MARTIN OUELLET-DIOTTE / AFP
Piantine di cannabis coltivate nell’azienda Up’s di Lincoln, in Ontario. La legalizzazione della marijuana ha fatto del Canada il primo paese del G20 a permettere la vendita dei prodotti derivati nei negozi. LARS HAGBERG/AFP In fila per i primi spinelli legali a Montreal. MARTIN OUELLET-DIOTTE / AFP
Piantine di cannabis coltivate nell’azienda Up’s di Lincoln, in Ontario. La legalizzazione della marijuana ha fatto del Canada il primo paese del G20 a permettere la vendita dei prodotti derivati nei negozi. LARS HAGBERG/AFP In fila per i primi spinelli legali a Montreal. MARTIN OUELLET-DIOTTE / AFP

Paese che vai, promessa elettorale che trovi. Justin Trudeau, leader liberale e piacione del Canada, nel 2015 l’aveva scritto a caratteri cubitali nel suo programma: l’uso della cannabis sarà legalizzato. «Per scalzare i trafficanti - aveva detto - e per proteggere i giovani». Detto, fatto, con qualche anno di ritardo. Dal 17 ottobre scorso il Canada è diventato il primo Paese del G20, e il secondo al mondo dopo l’Uruguay del presidente Pepe Mujica, a consentire la coltivazione e il commercio della cannabis. Un argine al sovranismo e un’oasi di liberalismo o, vista dall’altra parte, un degrado dei costumi e una resa nei confronti della droga: il Canada è tutto questo e altro ancora. Prima di tutto occorre però fare due conti su quelle che saranno le conseguenze di questa decisione rivoluzionaria, peraltro già imitata da 8 stati degli Usa, California in testa. La nuova legge dice che in tutto il territorio canadese ciascun maggiorenne «potrà avere con sé e condividere con altri adulti fino a 30 grammi di cannabis essiccata», quanto basta per preparare una sessantina di spinelli. Inoltre sarà consentito di coltivare in casa fino a quattro piante di marijuana per uso familiare. Al momento si stima che siano circa cinque milioni i canadesi che fanno uso regolarmente di cannabis. E sulle conseguenze della legalizzazione ci sono due correnti di pensiero: la prima sostiene che, oltre a mettere al bando la delinquenza legata allo spaccio, il controllo e la commercializzazione dell’erba garantiranno più sicurezza e qualità del prodotto ai consumatori; la seconda, molto più critica, ritiene invece che questo lassismo allargherà la base di consumatori a detrimento della futura integrità del Paese. Dal punto di vista economico, l’emersione di questo settore porterà allo sviluppo di un mercato valutato in circa sei miliardi di dollari canadesi (quattro miliardi di euro) di fatturato. Ciascuna delle dieci province potrà organizzare autonomamente il commercio e stabilire le regole operative. Finora sono circa un centinaio le imprese che hanno ottenuto l’autorizzazione a coltivare marijuana. Per compensare quelli che potrebbero essere i rischi derivanti dall’abuso della sostanza, con lo stesso ragionamento fatto per l’abuso di alcol, il governo ha annunciato un investimento di 260 milioni di dollari. Resta ancora da capire, invece, se e come saranno amnistiati i 500 mila canadesi condannati per un reato stralciato dalla riforma: la fedina penale potrebbe essere ripulita, visto che la retroattività della legge può essere applicata, anche per motivi di equità, solo nel caso risulti favorevole al reo. Al di là degli effetti pratici, che saranno comunque seguiti e studiati da tutti gli altri Paesi, il dibattito è di tipo politico. In un periodo di sovranismo imperante, da destra il Canada è visto come una deriva della sinistra più radicale. E qui, però, si capisce come ormai i concetti di destra e sinistra abbiano preso ormai i significati più diversi, con una contrapposizione ormai difficile da seguire. Tecnicamente, infatti, la legalizzazione della droga in senso lato è un provvedimento tipico della destra liberale. The Economist, bibbia del liberalismo in politica e del liberismo in economia, da anni si batte perché venga legalizzato il mercato degli stupefacenti. Ma la destra che si sta affermando nel mondo è tutto fuorché liberale. È una destra nazionalista, anti-mercato, populista e decisa a tirare su delle solide staccionate ai confini dei rispettivi stati. «Con questa decisione coraggiosa - ha scritto il quotidiano canadese The Globe and Mail, ripreso da Internazionale - il Canada si espone all’ostilità di tutti i paesi che portano avanti una guerra politica contro la cannabis, a cominciare dagli Stati Uniti. Sarà questo aspetto a decidere il valore di questo passo». Il professore di marketing alla Queen’s University in Ontario, John-Kurt Pliniussen, ci ha scherzato su: «Una delle cose a nostro favore è che nessun altro paese al mondo ha un nome così simile alla parola cannabis. Quindi potremmo lanciare il “canaturisme”». Buon viaggio. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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