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LE PIAZZE “ESPLOSIVE” DEL CILE

Una imponente manifestazione lungo le strade di Santiago del Cile. La protesta è esplosa all’indomani dell’annuncio di un aumento del 4 per cento delle tariffe della metropolitana. Da un mese ci sonoscontri nel Paese. ANSA/AP PHOTO/RODRIGO ABDIl presidente del Cile Sebastian Pinera all’interno della Moneda
Una imponente manifestazione lungo le strade di Santiago del Cile. La protesta è esplosa all’indomani dell’annuncio di un aumento del 4 per cento delle tariffe della metropolitana. Da un mese ci sonoscontri nel Paese. ANSA/AP PHOTO/RODRIGO ABDIl presidente del Cile Sebastian Pinera all’interno della Moneda
Una imponente manifestazione lungo le strade di Santiago del Cile. La protesta è esplosa all’indomani dell’annuncio di un aumento del 4 per cento delle tariffe della metropolitana. Da un mese ci sonoscontri nel Paese. ANSA/AP PHOTO/RODRIGO ABDIl presidente del Cile Sebastian Pinera all’interno della Moneda
Una imponente manifestazione lungo le strade di Santiago del Cile. La protesta è esplosa all’indomani dell’annuncio di un aumento del 4 per cento delle tariffe della metropolitana. Da un mese ci sonoscontri nel Paese. ANSA/AP PHOTO/RODRIGO ABDIl presidente del Cile Sebastian Pinera all’interno della Moneda

In America Latina l’orologio della storia si è inceppato. Continua a girare a vuoto, ripetendo come un metronomo i ritmi di un passato che si cerca di replicare nel presente senza però riuscire mai a sbarcare nel futuro. Quello che sta succedendo in Cile, il Paese più sviluppato ed equilibrato della zona è l’esempio tangibile di quanto le ricette economiche non siano sufficienti a dare un’anima e, appunto, un futuro a questi popoli combattuti tra l’efficienza diseguale del modello neoliberale e l’aspirazione egalitaria dei movimenti peronisti. Al di là del richiamo ai metodi brutali della dittatura Pinochet, i disordini di piazza di queste ultime settimane e la repressione che ne è seguita sono i sintomi di un malessere che, in maniera non sincronizzata, si sta diffondendo in tutto il Sudamerica. Per dire, la patria di Peron, l’Argentina, non ha digerito la ricetta liberista di Mauricio Macri ed è tornata a puntare su un veterano peronista come Alberto Fernandez, affiancato dall’ex presidente del paese Cristina Fernandez de Kirchner. In Colombia oltre 250 mila sono scesi in piazza per protestare contro la vagheggiata riforma di lavoro e pensioni. Dove invece l’orologio si è preso avanti, come in Venezuela (il delirio bolivar-comunista di Maduro sta mettendo in ginocchio anche le classi deboli che dichiarava di voler sostenere) e in Bolivia (il presidente ed ex sindacalista dei coltivatori di coca Evo Morales, che aveva tentato di truccare le elezioni dopo essersi costruito un referendum per prolungare il mandato, è stato cacciato dai militari con qualcosa di molto simile a un colpo di stato), si respira invece un bisogno di efficienza economica per rimettere in sesto Paesi che non reggono la politica sociale che finisce per svuotare le casse dello Stato. Eccolo il circolo chiuso in cui si dibatte questo continente che riesce a dialogare col futuro intrappolato com’è tra i sogni di un socialismo deleterio e insostenibile e un liberismo efficace ma socialmente devastante. Michelle Bachelet, ex presidente socialista del Cile, aspirava alla scrittura di una nuova Costituzione che riuscisse a bilanciare gli equilibri tra Stato, settore privato e società. «Lei diceva - ha ricordato The Economist - che combattere contro le disuguaglianze era l’ultima chance per evitare che lo scontento della popolazione facesse scivolare il Paese verso un nuovo populismo». Lo diceva nel 2014, quando l’economia del Cile viaggiava ad alta velocità e i liberali ammonivano che i criteri del mercato dovevano essere rispettati e, anzi, incentivati per garantire lo sviluppo. Vista con gli occhiali del presente, quelle parole di Bachelet un minimo di fondamento lo avevano. Se è vero, come è vero, che l’attuale presidente del Paese, il miliardario Sebastian Pinera, ora deve cercare di venire incontro al popolo che è sceso in piazza dopo che la goccia dell’aumento del biglietto della metropolitana ha fatto traboccare il vaso della disuguaglianza. Quando le manifestazioni trascendono in violenze, diventa difficile secernere il grano dalla pula, capire dove sta l’effettiva ragione di chi ha subito un torto e dove invece si annida la criminalità che sfrutta la protesta per distruggere tutto e abbattere l’impalcatura istituzionale. Pinera è stato accusato di aver dato ai carabineros cileni licenza di uccidere. «La sua gestione del malcontento – sostiene sempre The Economist – è stata incerta e mutevole. Dopo che la metro di Santiago aveva subito devastanti attacchi coordinati, ha dichiarato che il Cile era in guerra e per questo ha mandato l’esercito per le strade. Per molti cileni questo ha tolto credibilità alle critiche che poi il presidente ha fatto all’attività di polizia che ha provocato sei morti e 2.400 contusi, oltre 200 dei quali con ferite agli occhi. Anche duemila appartenenti alle forze dell’ordine hanno subito ferite, ma non sono stati capaci di prevenire gli incendi di chiese, supermercati e pubblici edifici». I rintocchi dell’orologio difettoso continuano a tenere bloccata l’America Latina. Il mix che ci vorrebbe tra efficienza e cuore, tra libertà ed eguaglianza resta impigliato nelle proteste. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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