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LA RESPONSABILITÀ DELL’EUROPA

La manifestazione imponente a Varsavia contro la proposta legislativa di abolizione integrale dell’aborto. Contro tale istanza e contro la mancata divisione tra potere esecutivo l’Ue ha avviato la procedura d’infrazione. ANSA/AP PHOTO/CZAREK SOKOLOWSKIViktor Orban e Mateusz  Morawiecki, leader di Ungheria e Polonia
La manifestazione imponente a Varsavia contro la proposta legislativa di abolizione integrale dell’aborto. Contro tale istanza e contro la mancata divisione tra potere esecutivo l’Ue ha avviato la procedura d’infrazione. ANSA/AP PHOTO/CZAREK SOKOLOWSKIViktor Orban e Mateusz Morawiecki, leader di Ungheria e Polonia
La manifestazione imponente a Varsavia contro la proposta legislativa di abolizione integrale dell’aborto. Contro tale istanza e contro la mancata divisione tra potere esecutivo l’Ue ha avviato la procedura d’infrazione. ANSA/AP PHOTO/CZAREK SOKOLOWSKIViktor Orban e Mateusz  Morawiecki, leader di Ungheria e Polonia
La manifestazione imponente a Varsavia contro la proposta legislativa di abolizione integrale dell’aborto. Contro tale istanza e contro la mancata divisione tra potere esecutivo l’Ue ha avviato la procedura d’infrazione. ANSA/AP PHOTO/CZAREK SOKOLOWSKIViktor Orban e Mateusz Morawiecki, leader di Ungheria e Polonia

Il momento di sbandamento può diventare il punto di forza e di ripartenza di una nuova Europa. Capace di ergersi a bastione di difesa dei valori occidentali e, contemporaneamente, di togliersi di dosso l’eccessiva aderenza ai palazzi avvicinandosi al sentimento della gente. Il motivo di tanto incosciente ottimismo sta proprio nella procedura di infrazione che, per la prima volta nella storia, l’Unione europea ha aperto nei confronti della Polonia ora guidata da Mateusz Morawiecki. Colpirne uno per educarne cento, verrebbe da dire citando Mao, alfiere di quel comunismo da cui la Polonia è riuscita ad affrancarsi proprio grazie all’ingresso nel club di Bruxelles insieme agli altri Paesi dell’ex Patto di Varsavia, compresa l’Ungheria dell’inquietante Viktor Orban. L’occasione per questa riflessione è nata da un riuscito incontro organizzato al liceo Pigafetta di Vicenza, in occasione della “Notte nazionale del liceo classico”. Gian Antonio Stella, inviato ed editorialista del Corriere della sera, l’ha toccata piano: «Mi verrebbe voglia di andare da questi Paesi dell’est - ha detto in modo provocatoriamente efficace - e dir loro di tornare da dove sono venuti. I Paesi baltici, che temono di tornare sotto il gioco della Russia, si sono rifiutati di ospitare 180 profughi, e dico 180, non 180 mila, nell’ambito del progetto di accoglienza europea. Non è certo questa l’Europa unita che vogliamo». Ilvo Diamanti, politologo ed editorialista de la Repubblica, ha svelato i dati degli ultimi sondaggi: «Il paese più euroscettico in questo momento - ha detto - è l’Italia. Quelli invece in cui la fiducia nell’Europa è più alta sono proprio i Paesi dell’est». Quelli, paradossalmente, dove i valori dell’Europa sono vilipesi con costanza degna di miglior causa. Ma come, noi vi diamo i soldi per mettervi alle spalle decenni di comunismo retrivo e voi rispondete gettando a mare il nostro patrimonio di valori? «La verità è che loro non hanno l’orologio della storia sintonizzato con l’Occidente - ha obiettato Gigi Riva, editorialista per l'Espresso e la Repubblica - e alcune esperienze già metabolizzate a Parigi e a Berlino per Varsavia e Praga sono tutte da decrittare. Nel 1968, 50 anni fa, in piazza San Venceslao a Praga si dava fuoco Jan Palach e ora a quelle latitudini, tra i membri dell’Ue che fanno parte del gruppo di Visegrad e che si sono opposti alla politica migratoria di Bruxelles, si mettono in discussioni i principi del liberalismo occidentale. Il punto è che i Paesi dell’est sono stati gettati nel mare del liberismo ma si sono accorti che non sapevano nuotare». Il fatto che loro non sappiano nuotare, però, non implica che tutta l’Europa debba annegare. Charles Kupchan, professore di Politica internazionale a Georgetown University, ha scritto sul New York Times una sorta di vademecum da seguire per il Vecchio Continente. «L’Unione europea - sostiene Kupchan - è l’ultima linea di difesa dell’occidente. Gli Stati Uniti sono stati, storicamente, il pilastro degli ideali liberaldemocratici nel mondo ma il presidente Trump ha rinunciato a esercitare questo ruolo, preferendo fare espresso riferimento all’ammirazione per uomini forti come Vladimir Putin in Russia. Nel momento in cui la tentazioni del populismo nazionalista si estendono, l’Europa si ritrova con la responsabilità di difendere il fortino occidentale. E la battaglia primaria da combattere ora è quella contro la Polonia, che sta precipitando in maniera pericolosa verso l’illiberalismo. L’Unione europea deve assolutamente tenere la linea nella difesa dei valori occidentali». È questa la difficoltà che può trasformarsi in rilancio. Il prossimo passo, dopo quello importantissimo di aprire la procedura di infrazione contro Varsavia (che potrebbe portare alla sospensione del diritto di voto), è di procedere sulla linea dura. Colpirne uno per educarne cento, appunto. Non tanto per ricalcare i deliri comunisti. Ma per evitare che qualcuno finisca col pensare che i problemi si risolvano rinunciando alla democrazia. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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