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LA POLONIA PIÙ LONTANA DALL’UE

La cancelliera tedesca Angela Merkel riceve con gli onori militari a Berlino il primo ministro polacco, La deriva istituzionale di Varsavia preoccupa i governi dell’Europa occidentale. AP/BERND VON JUTRCZENKAJaroslaw Kaczynski, leader di Diritto e giustizia EPA/BARTOMIEJ ZBOROWSKI
La cancelliera tedesca Angela Merkel riceve con gli onori militari a Berlino il primo ministro polacco, La deriva istituzionale di Varsavia preoccupa i governi dell’Europa occidentale. AP/BERND VON JUTRCZENKAJaroslaw Kaczynski, leader di Diritto e giustizia EPA/BARTOMIEJ ZBOROWSKI
La cancelliera tedesca Angela Merkel riceve con gli onori militari a Berlino il primo ministro polacco, La deriva istituzionale di Varsavia preoccupa i governi dell’Europa occidentale. AP/BERND VON JUTRCZENKAJaroslaw Kaczynski, leader di Diritto e giustizia EPA/BARTOMIEJ ZBOROWSKI
La cancelliera tedesca Angela Merkel riceve con gli onori militari a Berlino il primo ministro polacco, La deriva istituzionale di Varsavia preoccupa i governi dell’Europa occidentale. AP/BERND VON JUTRCZENKAJaroslaw Kaczynski, leader di Diritto e giustizia EPA/BARTOMIEJ ZBOROWSKI

Dopo lo strappo referendario di Brexit, la minaccia delle democrazie illiberali dell’Est. Tira una brutta aria sull’Europa. Un’aria che a Varsavia e a Budapest soffia verso Bruxelles e rischia di spazzare via il patrimonio di valori su cui è stata costruita l’Unione. Ci mancava solo la nuova norma che prevede fino a tre anni di carcere per chi attribuisce alla Polonia crimini commessi dai nazisti tedeschi: nonostante l’apertura a una modifica concessa dal premier Matheus Morawiecki poco prima di vedere Angela Merkel a Berlino, la deriva illiberale del Paese sta assumendo contorni preoccupanti. Fino a che le intemperanze istituzionali sono rimaste confinate alla “povera” Ungheria di Viktor Orban, le reazioni di Bruxelles sembravano poco più che rimbrotti al “figlioletto” discolo. Ma quando anche la Polonia, sicuramente il Paese più sviluppato economicamente e importante del blocco dell’Est, ha confezionato una legge che di fatto consente al governo di condizionare il sistema giudiziario, la Commissione europea non ha potuto fare altro che dichiarare guerra e avviare un procedimento che potrebbe portare a sanzionare pesantemente Varsavia. Il capo del partito conservatore Diritto e Giustizia, Jaroslaw Kaczynski, ha dichiarato in un’intervista venerdì che la Polonia non si tirerà indietro. Kaczynski, sentito da Gazeta Polska, ha aggiunto che «il programma di profondi cambiamenti del nostro Paese non sarà fermato, anzi proprio l’opposto: è impossibile andare d’accordo con forze dell’Unione europea che hanno sfruttato la Polonia per molti anni». La verità è che fino a qualche anno fa la Polonia veniva citata come esempio di impiego intelligente dei fondi provenienti proprio dalle casse dell’Unione europea. Un reportage del New York Times da Sniadowo, un piccolo distretto rurale a nord est di Varsavia, illustrava alla perfezione l’importanza di far parte del club. «Il giovane sindaco di questa piccola città dell’est del Paese - attaccava l’articolo del New York Times - è molto orgoglioso del nuovo camion di fabbricazione italiana di cui sono stati dotati i vigili del fuoco e lo paragona a quello dell’era sovietica parcheggiato di fianco. Lì vicino il preside della scuola elementare mostra le nuove classi moderne arricchite dalle lavagne elettroniche. Tutto questo, insieme ai pannelli solari, all’impianto di depurazione delle acque, al sistema fognario e al finanziamento delle aziende agricole, è stato in gran parte pagato dall’Unione europea, che finanzia circa il 60 per cento degli investimenti pubblici. Considerata tale generosità, uno fa fatica a capire come mai la leadership del Paese abbia dichiarato guerra all’Europa. Eppure negli ultimi mesi il governo nazionalista ha morso la mano che gli dà da mangiare più volte». Ingrati? No, i governanti polacchi, la cui linea è dettata dal partito conservatore di Kaczynski, temono che questi contributi europei (85 miliardi di euro previsti dal 2014 al 2020, pari al 9 per cento del budget dell’Unione) finiscano per “comprare” l’identità, per usare un parolone, dei polacchi. Il distretto di Sniadowo su cui ha acceso i riflettori il New York Times rappresenta bene il cuore della visione cattolica e conservatrice di Kaczynski. «Prima della seconda guerra mondiale - ricorda il New York Times - la popolazione residente era per il 40 per cento di religione ebrea. Ora la maggioranza è radicata ai valori del cattolicesimo, influenzati dalla vicinanza alla Bielorussia e dalla memoria dell’occupazione sovietica durante il conflitto. Nel 2015, quasi il 70 per cento ha votato per il partito di Kaczynski». Il laicismo, il libero pensiero, la teoria del gender che ora sono presi come modello fondante dell’Unione europea vengono contestati apertamente dai polacchi che sostengono Diritto e giustizia. «La Polonia è un Paese tradizionalmente cristiano e rispetta le altre religioni - dicono i residenti - ma vogliamo che anche la nostra cultura sia rispettata». Se non si riuscirà a trovare un punto di contatto c’è il rischio concreto che l’Europa perda un altro pezzo. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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