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LA DEMOCRAZIA È SENZA PILOTA

Un furgoncino utilizzato da Waymo, l’azienda utilizzata da Google per sperimentare la guida senza pilota nelle città. A causa di alcuni incidenti, uno di questi mortale, i residenti si stanno opponendo a questo tipo di sviluppo tecnologicoAlcuni stati hanno avviato una campagna di fake news. EPA/S. STEINBACH
Un furgoncino utilizzato da Waymo, l’azienda utilizzata da Google per sperimentare la guida senza pilota nelle città. A causa di alcuni incidenti, uno di questi mortale, i residenti si stanno opponendo a questo tipo di sviluppo tecnologicoAlcuni stati hanno avviato una campagna di fake news. EPA/S. STEINBACH
Un furgoncino utilizzato da Waymo, l’azienda utilizzata da Google per sperimentare la guida senza pilota nelle città. A causa di alcuni incidenti, uno di questi mortale, i residenti si stanno opponendo a questo tipo di sviluppo tecnologicoAlcuni stati hanno avviato una campagna di fake news. EPA/S. STEINBACH
Un furgoncino utilizzato da Waymo, l’azienda utilizzata da Google per sperimentare la guida senza pilota nelle città. A causa di alcuni incidenti, uno di questi mortale, i residenti si stanno opponendo a questo tipo di sviluppo tecnologicoAlcuni stati hanno avviato una campagna di fake news. EPA/S. STEINBACH

Cosa c’entrano gli abitanti di Chandler, Arizona, che lanciano sassi contro le auto senza pilota di Google, con l’espansione del populismo nelle democrazie occidentali? È tutta una questione di dati. Sì, milioni, miliardi di dati che sono diventati la materia prima fondamentale che alimenta quella strana bestia che sta cambiando rapidamente il mondo e che si chiama intelligenza artificiale. In sé dovrebbe essere la rivoluzione del terzo millennio, quella che dovrebbe essere capace di cambiare in meglio le nostre vite e, soprattutto, le vite dei nostri figli e dei nostri nipoti. Il guaio è che le potenzialità dello sfruttamento benefico di questa straordinaria mole di dati che diversi operatori, a cominciare dagli stati, stanno accumulando, sono così devastanti che potrebbero essere indirizzate verso fini oscuri e poco rassicuranti per le democrazie stesse che dovrebbero alimentare. Chandler, Arizona, città di 250 mila abitanti poco distante da Phoenix, è stata scelta da Waymo, la società creata da Google per sviluppare la tecnologia delle auto senza pilota, per effettuare tutti gli esperimenti in vista del lancio sul mercato di quella che si annuncia come una delle invenzioni che davvero manderanno all’aria le abitudini viabilistiche di tutti noi. «Alcune persone - ha raccontato il New York Times - hanno lanciato pietre contro i van della Waymo, stando ai rapporti della polizia. Altre hanno ripetutamente tentato di mandarle fuori strada. Una donna ha cominciato a gridare in direzione di uno di questi van dicendo di andarsene dal quartiere. Un uomo si è avvicinato a un veicolo della Waymo e ha minacciato il dipendente dell’azienda che era a bordo con un tubo in Pvc. Un altro, infine, ha addirittura estratto un revolver calibro 22». L’accusa dei residenti di Chandler, che si sono resi protagonisti di una trentina di episodi simili a quelli appena riportati, è che questi esperimenti stiano mettendo a rischio la loro vita. La tecnologia in questione, una delle tante declinazioni dell’intelligenza artificiale che cambierà le nostre vite, è basata sull’utilizzo di un enorme quantità di dati e sul conseguente sfruttamento tecnologico al fine di permettere al veicolo di circolare senza bisogno che ci sia un autista al volante. La rivoluzione tecnica, specie quando è all’inizio, viene spesso percepita come una minaccia e la reazione degli abitanti di Chandler di fronte a quello che percepiscono ancora come un mostro è comprensibile, ancorché non giustificabile. Ma l’accumulazione di dati, vera attività fondamentale del secolo in corso, non serve solo a far andare le auto come nei film di fantascienza che qualche decennio fa avevano azzeccato la strada del futuro. No, i dati servono anche a plasmare, i più favorevoli direbbero migliorare, le nostre vite di umani sempre connessi. Tutti i dati che volontariamente mettiamo nei social, che diffondiamo col cellulare, che immagazziniamo nel pc, possono venire utilizzati per fornirci i servizi più efficienti anche se non richiesti. Il guaio è che ora c’è una tecnologia che permette, per esempio, di usare tutti i dati video e audio, poniamo, di un presidente degli Stati Uniti e realizzare un filmato completamente falso nel corso del quale si può far dire o fare al protagonista prescelto tutto quello che si vuole. E poi diffondere in rete, via social, notizie apparentemente suffragate da immagini e voce, in realtà completamente fake. Anzi, Deepfake, come viene definito questo effetto collaterale della tecnologia. L’uso di questi mezzi, ormai alla portata di chiunque, da parte di stati che vogliono influenzare elezioni e far votare in un senso invece che in un altro è già una realtà. Un presidente americano, Trump, e uno stato sovrano, la Russia, ne sanno qualcosa. Certo, l’affermarsi del populismo non è dipeso solo da questo. Ma i sassi degli abitanti di Chandler contro le auto senza pilota ricordano molto la reazione di un elettore guidato dalle fake news costruite ad arte e diffuse con la potenza di un uragano dagli altoparlanti rumorosi della rete. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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