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L’ALTRA FACCIA DELL’UNGHERIA

Il corteo dei manifestanti sfila sotto le decorazioni natalizie di una Budapest gelata. Alla fine saranno circa diecimila le persone che hanno sfidato il gelo per protestare contro la politica del governo guidato da Viktor Orban. MTI/BALAZS MOHAIIl primo ministro ungherese Viktor Orban. AFP/ATTILA KISBENEDEK
Il corteo dei manifestanti sfila sotto le decorazioni natalizie di una Budapest gelata. Alla fine saranno circa diecimila le persone che hanno sfidato il gelo per protestare contro la politica del governo guidato da Viktor Orban. MTI/BALAZS MOHAIIl primo ministro ungherese Viktor Orban. AFP/ATTILA KISBENEDEK
Il corteo dei manifestanti sfila sotto le decorazioni natalizie di una Budapest gelata. Alla fine saranno circa diecimila le persone che hanno sfidato il gelo per protestare contro la politica del governo guidato da Viktor Orban. MTI/BALAZS MOHAIIl primo ministro ungherese Viktor Orban. AFP/ATTILA KISBENEDEK
Il corteo dei manifestanti sfila sotto le decorazioni natalizie di una Budapest gelata. Alla fine saranno circa diecimila le persone che hanno sfidato il gelo per protestare contro la politica del governo guidato da Viktor Orban. MTI/BALAZS MOHAIIl primo ministro ungherese Viktor Orban. AFP/ATTILA KISBENEDEK

Il modello di democrazia illiberale, a cui si sta ispirando l’universo populista occidentale per ribaltare il sistema che ha garantito 70 anni di pace e progresso economico, subisce il primo sfregio. O, per essere realisti, più che si sfregio bisognerebbe forse parlare di buffetto. Sì, perché gli oltre diecimila manifestanti che hanno sfidato il gelo delle notti di Budapest per esprimere tutto il proprio dissenso contro gli ultimi provvedimenti emanati dal governo guidato da Viktor Orban, leader originario del movimento sovranista europeo, in realtà non scalfiscono la maggioranza assoluta di cui ancora gode, secondo gli ultimi sondaggi, Fidesz, il partito del premier. Ma qualcosa si sta muovendo. E la novità delle diverse manifestazioni, che per tante sere nei giorni prima di Natale hanno animato le strade della capitale ungherese, sta nel fatto che forse per la prima volta le ultime leggi approvate dal parlamento hanno finito per unire tutti gli oppositori di Orban. «Nonostante i numeri non siano così significativi - ha dichiarato all’Economist Tamas Boros, del think-tank Policy Solutions - la cosa che più colpisce è che la protesta arrivi da due diverse parti della società. Un gruppo è composto dai veterani delle manifestazioni, che contestano la radice ideologica del regime. L’altro gruppo è invece quello che viene colpito direttamente e concretamente dall’ultima legge sul lavoro, che impatta sulla vita quotidiana di tutti. E questo può formare un mix esplosivo». Conviene dare un occhio all’aspetto concreto di quest’ultimo provvedimento in materia di lavoro per cogliere alcune evidenti contraddizioni del governo. E per capire come possano finire per ingrossare una protesta che al momento non minaccia numericamente la maggioranza. In sostanza Orban ha fatto approvare in parlamento la legge che impone ai lavoratori di eseguire fino a 400 ore di straordinario all’anno consentendo alle imprese di pagarle nell’arco di tre anni. Non bisogna dimenticare che Orban, capofila dell’Europa di Visegrad, quella composta dai leader dell’est che si oppongono strenuamente alle ondate di immigrazione, era quello che accompagnava i migranti alla frontiera con la Germania, di fatto deportando gli stranieri che dalle rotte balcaniche avevano la sventura di finire in Ungheria. Ora lo stesso leader che non vuole stranieri si rende conto che manca il lavoro e quindi impone turni supplementari a tutti. Anche per venire incontro, sostengono i più critici, alle esigenze produttive delle fabbriche di auto tedesche presenti nel territorio magiaro che altrimenti sarebbero costrette a emigrare altrove. «Paragonate con gli altri elementi dell’auto-dichiarato piano di Orban di trasformare l’Ungheria in una democrazia illiberale - scrive The Economist - queste leggi sul lavoro possono sembrare delle piccole cose. Nel corso dei tre mandati al potere che Orban ha iniziato nel 2010, il potere economico e politico non è mai stato così centralizzato dai tempi del collasso del regime comunista. Il parlamento europeo ha votato a settembre un provvedimento che va verso la sospensione dei diritti di voto dell’Ungheria nell’Ue, anche se pochi si aspettano conseguenze concrete da questo passo». Può essere, però in questo dicembre di gelo è stato strano vedere sfilare insieme le bandiere rosse del partito socialista insieme a quelle tricolori del movimento di estrema destra Jobbik: Orban è riuscito nel miracolo di unire, sia pure per motivi tattici e temporanei, forze politiche che stanno ideologicamente agli antipodi. E andando a legiferare su una materia incandescente come il lavoro ha attirato in piazza anche cittadini che fino a ieri votavano per Fidesz. E dagli ultimi sondaggi emergerebbe che due terzi degli ungheresi sarebbe dalla parte dei manifestanti, almeno per quel che riguarda l’argomento specifico dello straordinario. Sarebbe davvero bizzarro che Orban subisse l’affronto di una sconfitta proprio a causa del suo rifiuto degli immigrati. Bizzarro ma non impossibile. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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