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IL CAOS CALMO MUOVE L’ALGERIA

Giovani studenti e studentesse manifestano contro la conferma del presidente Bouteflika, invalido da diversi anni, alla guida dell’Algeria per la quinta volta consecutiva. I militari hanno ripreso potere. EPA/MOHAMED MESSARAGli agenti cercano di bloccare l’avanzata dei manifestanti ad Algeri
Giovani studenti e studentesse manifestano contro la conferma del presidente Bouteflika, invalido da diversi anni, alla guida dell’Algeria per la quinta volta consecutiva. I militari hanno ripreso potere. EPA/MOHAMED MESSARAGli agenti cercano di bloccare l’avanzata dei manifestanti ad Algeri
Giovani studenti e studentesse manifestano contro la conferma del presidente Bouteflika, invalido da diversi anni, alla guida dell’Algeria per la quinta volta consecutiva. I militari hanno ripreso potere. EPA/MOHAMED MESSARAGli agenti cercano di bloccare l’avanzata dei manifestanti ad Algeri
Giovani studenti e studentesse manifestano contro la conferma del presidente Bouteflika, invalido da diversi anni, alla guida dell’Algeria per la quinta volta consecutiva. I militari hanno ripreso potere. EPA/MOHAMED MESSARAGli agenti cercano di bloccare l’avanzata dei manifestanti ad Algeri

C’è stato un momento in cui l’esercito ha stravolto la storia recente dell’Algeria. Se in bene o in male è dura da stabilire. E dipende, comunque, dall’angolo di visuale da cui ci si pone. Era il 1992 e i militari decisero di squarciare il risultato delle prime e di fatto uniche elezioni libere tenutesi nel Paese nel dicembre del 1991. Descritto così sembra un colpo di stato in stile sudamericano, se non fosse per il fatto che a vincere il primo turno di quelle elezioni politiche furono gli islamisti del Fronte islamico di salvezza (Fis). Con tutta probabilità avrebbero ottenuto una schiacciante vittoria anche al secondo turno e avrebbero potuto così trasformare la Costituzione laica del Paese in una teocrazia islamica o giù di lì. Motivo per cui lo scioglimento con la forza del Fis decretato dai generali è visto da molti, e non soltanto dai fan del presidente Bouteflika, come una benedizione per l’Algeria. Destinata però a venire devastata da oltre un decennio di sanguinosa guerra civile che ha ucciso 200 mila persone. E proprio verso la fine di questa devastazione, nel 1999 Abdelaziz Bouteflika venne eletto presidente col 74% dei voti, grazie anche al sostegno dei militari. Da cui poi prenderà le distanze per riportare una sorta di pacificazione politica all’interno dell’Algeria. E allora perché allora le strade di Algeri si sono riempite di manifestanti che chiedono a gran voce l’uscita di scena del vecchio leader, da anni infermo perché colpito da ictus, e della sua cerchia? La risposta è una sola: corruzione. Che ha raggiunto e superato livelli di guardia anche in un Paese lontano dagli standard svizzeri. «E l’uomo che non è più capace di parlare - ha riassunto bene The Economist - alla fine ha ascoltato. E l’11 marzo il presidente dell’Algeria Bouteflika ha annunciato che non si sarebbe candidato per il qui quinto mandato alla presidenziali. Che era di fatto ciò che chiedevano le migliaia di manifestanti scese per le strade di Algeri». A ancora una volta sono stati i militari, stavolta in maniera formalmente in linea con i dettami costituzionali, a dare il colpo di acceleratore istituzionale, dando il via alla destituzione del presidente al potere da vent’anni. La legittimità di tale processo è data dall'art. 102 della Costituzione, che prevede appunto la destituzione del presidente quando è malato al punto da non poter assolvere a tutte le proprie funzioni. Il generale Ahmed Gaid Salah, riporta l’Ansa, «che è anche viceministro della Difesa ma soprattutto incarna uno dei poteri forti in Algeria, in un discorso pronunciato in una base militare nel desertico centro del Paese e trasmesso in tv, ha detto che “dobbiamo trovare una via d’uscita dalla crisi immediatamente mantenendosi nel rispetto delle disposizioni della Costituzione ma accogliendo le rivendicazioni legittime” dei manifestanti che soprattutto il venerdì da oltre un mese riempiono le strade di Algeri». Il punto è che i manifestanti temono di passare dalla padella alla brace. La corruzione non si elimina per decreto e per arrivare a candidature, come dire, veramente nuove servirebbe il coinvolgimento di una classe dirigente aliena dal business di Stato, quello legato allo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale che fanno dell’Algeria il principale fornitore dell’Europa e da cui Bouteflika ha tratto linfa per spingere le realizzazioni infrastrutturali fonti, secondo l’accusa, di grandi arricchimenti personali. «Una nuova élite economica e industriale ha guadagnato potere e forza - scrive The Economist - a cominciare dal più famoso imprenditore Ali Haddad, un magnate delle costruzioni arricchito al di fuori del circolo dei contratti di Stato e diventato leader del Business Leaders Forum, una potente federazione. Ma anche il mondo del business è diviso e molti dirigenti aspirano a competere per le rendite ancora garantite dal settore pubblico. Mohamed Benamor, boss di una catena alimentare, si sarebbe incontrato con un ex generale e aspirante candidato alla presidenziali, Ali Ghediri, uscendo poi dal Business Leaders Forum». Nel caos calmo dell’Algeria tutto cambia. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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