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EFFETTO LIBERTÀ
SULLE ARMI USA
DOPO LAS VEGAS

Fiori e preghiere sulle 58 croci poste a Las Vegas per ricordare le vittime. REUTERS/ LAS  VEGAS SUN/S. MARCUS Una poliziotta a Las Vegas nella sera del massacro
Fiori e preghiere sulle 58 croci poste a Las Vegas per ricordare le vittime. REUTERS/ LAS VEGAS SUN/S. MARCUS Una poliziotta a Las Vegas nella sera del massacro
Fiori e preghiere sulle 58 croci poste a Las Vegas per ricordare le vittime. REUTERS/ LAS  VEGAS SUN/S. MARCUS Una poliziotta a Las Vegas nella sera del massacro
Fiori e preghiere sulle 58 croci poste a Las Vegas per ricordare le vittime. REUTERS/ LAS VEGAS SUN/S. MARCUS Una poliziotta a Las Vegas nella sera del massacro

Il massacro di Las Vegas è già passato in cavalleria. Stephen Paddock, americano, bianco, titolare legale di un arsenale di armi e munizioni, si è messo a sparare a ripetizione dal 32° piano del Mandalay Bay hotel e alla fine la polizia ha contabilizzato 58 morti e 489 feriti: il bilancio più tragico della tragica storia di massacri imputabili alle armi da fuoco negli Stati Uniti.

«C’è una certa stanchezza nel dibattito sulle armi – scrive The Economist - e sul rituale ormai familiare delle stragi ad esse imputabili che sono più frequenti che in qualsiasi altro Paese sviluppato. Uno studio ha rilevato che dal 2000 al 2014 ci sono stati 166 massacri derivanti dall’uso di armi in 14 Paesi: 133 di questi sono avvenuti negli Stati Uniti. Eppure non è accaduto niente, in parte perché la National Rifle Association (Nra), che si è evoluta da una versione armata del movimento dei Boy scout fino a diventare il primo portavoce di una linea che sostiene che ciascuno debba essere armato per potersi proteggere, detiene una sorta di veto a Washington».

In linea teorica, la Costituzione americana imperniata sul concetto di libertà e sul diritto alla felicità è compatibile e verrebbe da dire coerente col diritto riconosciuto ai cittadini di portare armi per difendersi. Il secondo emendamento lascia pochi dubbi al riguardo. E su questo punto anche l’Europa, che in materia di armi è molto più severa e molto meno libertaria, dovrebbe sforzarsi di capire la filosofia degli americani, risalente ancora ai tempi in cui il Nuovo mondo andava popolandosi di europei in fuga e desiderosi di affermarsi. Il succo del discorso è: agli americani dovrebbe essere lasciato il diritto di comprare e portare armi ma ad esso dovrebbe essere affiancato un sistema di autorizzazioni più stringente. «Una dettagliata ricerca sugli omicidi e sui suicidi – aggiunge The Economist – suggerisce che il solo rendere un pochino più difficile ottenere il porto d’armi ridurrebbe il numero delle stragi, molte delle quali non sono pianificate ma perpetrate d’impeto».

Eppure il carnaio di Las Vegas è già stato declassato. La lobby potente della Nra riesce a deviare il dibattito sui diritti costituzionali e raggiunge l’obiettivo di bloccare ogni limitazione legislativa che non cozzerebbe affatto con il secondo emendamento. E comunque i diversi stati hanno sistemi diversi di gestire la questione. A New York, ricorda sempre The Economist, chiunque voglia girare per la Quinta strada con una pistola deve ottenere il permesso dalla polizia. Una regola che in Italia ci pare ovvia ma che a Las Vegas, invece, è percepita come oltraggiosa, tanto che uno psicopatico come Stephen Paddock ha potuto comprare armi semiautomatiche come fossero caramelle.

Ogni anno negli Stati Uniti sono contabilizzate trentamila vittime da arma da fuoco, strettamente legate ai 300 milioni di fucili, pistole e mitragliatori presenti degli armadi degli americani. Nelle aree rurali della Virginia le famiglie non chiudono mai a chiave la porta di casa per il semplice motivo che hanno gli armadi pieni di fucili in grado di dissuadere i malintenzionati. Meglio la libertà assoluta di difesa, col rischio della follia umana, o meglio dei vincoli stringenti per evitare altri disastri? Trump non ha molti dubbi e la Nra gli è molto grata.

Marino Smiderle

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