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COREA DEL NORD
UN MISSILE TIENE
IL MONDO IN ANSIA

Un missile Hyunmoo lanciato durante le esercitazioni tra Corea del Sud e Stati UnitiPreoccupazione in Giappone: Kim Jong-un sugli schermi della tv
Un missile Hyunmoo lanciato durante le esercitazioni tra Corea del Sud e Stati UnitiPreoccupazione in Giappone: Kim Jong-un sugli schermi della tv
Un missile Hyunmoo lanciato durante le esercitazioni tra Corea del Sud e Stati UnitiPreoccupazione in Giappone: Kim Jong-un sugli schermi della tv
Un missile Hyunmoo lanciato durante le esercitazioni tra Corea del Sud e Stati UnitiPreoccupazione in Giappone: Kim Jong-un sugli schermi della tv

C’è uno staterello abbarbicato alla Cina che a malapena riesce a dar da mangiare ai suoi 25 milioni di abitanti ma che è in grado di tenere il mondo col fiato sospeso per gli armamenti che detiene. La Corea del Nord, uno dei Paesi più poveri del mondo, è stata in cima all’agenda dei temi caldi discussi all’ultimo G20 di Amburgo: il primo esperimento di lancio di un missile intercontinentale, capace di raggiungere l’Alaska, ha fatto sì che Pyongyang diventasse un caso spinoso per i nemici di sempre, a cominciare dagli Stati Uniti, ma anche per gli alleati storici, come la Cina di Xi Jinping.

La definizione di missile balistico intercontinentale (l’acronimo è Icbm), ricorda The Economist, è legata a un vettore che possa volare per almeno 5.500 chilometri (3.420 miglia). L’arma testata dalla Corea del Nord il 4 luglio, una data che sa di sberleffo per Washington che nel contempo stava festeggiando l’Independence Day, ha una gittata di 6.700 chilometri e quindi, tecnicamente, si può ragionevolmente sostenere che Pyongyang sia riuscita a costruire il suo primo missile intercontinentale.

Gli esperti sottolineano che, in realtà, non sia ancora a disposizione di Kim Jong-un il know how per caricare su questo vettore una testata nucleare. «Ma la Corea del Nord sta facendo passi da gigante - scrive The Economist - e l’America potrà avere solo pochi anni prima di essere messa a confronto un nemico in grado di portare distruzione sulle sue città, come Kim ha spesso minacciato».

Donald Trump ha detto di essere pronto «a difendere la Corea del Sud e il Giappone dalla minaccia nordcoreana usando l’intero spettro delle sue capacità convenzionali e nucleari». Un’affermazione che lascerebbe intendere la volontà di Washington di scatenare l’inferno se Pyongyang insistesse in questa politica. «La Cina è impegnata a favorire la denuclearizzazione della penisola coreana puntando su dialogo e consultazioni», ha detto invece il presidente Xi Jinping.

La verità è che tanto Washington quanto Pechino, per motivi diversi, temono che la situazione possa scappare di mano. Da un lato, al di là delle dichiarazioni di facciata, Trump sa, sulla base dei informazioni dettagliate fornite dal Pentagono, che la guerra in Corea semplicemente non è un’opzione, nonostante le affermazioni opposte di Nikki R. Haley, ambasciatrice americana alle Nazioni Unite. Anche in caso di un “modesto” attacco da parte degli Stati Uniti, la reazione di Kim potrebbe essere devastante nei confronti dei vicini di casa della Corea del Sud. La capitale Seul, per dire, sarebbe investita in pochi dai missili già installati al confine dai due Paesi. E pure Tokyo non sarebbe immune dalla reazione coreana. Gli esperti hanno calcolato che ci potrebbero essere 300 mila vittime solo nelle prime ore di questa escalation devastante.

La Cina, dal canto suo, considera Kim un discolo impossibile da tenere a bada e teme, in caso di pugno di ferro contro Pyongyang (per esempio: sospendere le forniture di petrolio), di essere invasa da un’ondata di profughi in fuga dalla povertà. A furia di stare fermi, però, gli attori di questa grande recita internazionale hanno permesso che il guitto di turno diventasse una minaccia per l’umanità. E disinnescare questa minaccia adesso è tremendamente complicato.

Marino Smiderle

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