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Petrolio e dintorni
Il boom kazako e
l’Italia degli anni ’60

Tutto esaurito alla Coop Insieme per la proiezione del film ”I sogni del lago salato” di Andrea Segre, 39 anni, regista veneziano che ancora una volta sceglie la via del docufilm per raccontare la contemporaneità. Dopo un passaggio veloce all’Araceli di Vicenza, il film proiettato ai Festival di Locarno e di Venezia, è pressochè scomparso in attesa che Rai Cinema, che lo coproduce, lo faccia passare nelle sue reti. «Una sorte segnata per chi fa cinema indipendente» commenta Segre, fattosi conoscere con due belle pellicole come “Io sono Li” ambientato a Chioggia sul tema dell’immigrazione cinese e ”La prima neve” sul tema dell’integrazione degli africani in una comunità di mocheni del Trentino.

Stavolta il tema - su invito di Festambiente che ha ben curato il ciclo Filmambiente alla coop di San Pio X - è l’estrazione del petrolio e del gas in Kazakistan: fattore di forsennata crescita economica tradotta per in una euforia da benessere che premia solo pochi. Sono i racconti dei contadini kazaki prima e dopo l’arrivo dei gruppi estrattivi (tra cui l’italiana Eni)a scandire il ritmo attorno al lago salato, che accende i sogni ed altrettanto rapidamente li spegne. In una lettura parallela, attraverso autorizzati spezzoni d’archivio, Segre torna al petrolchimnico di Gela avviato tra il 1959-’60 ed entrato in funzione tre anni dopo. Dismesso nel 2014. Storia non dissimile a Marghera, storia di crescita che una volta avviata non può fermarsi. A scapito degli uomini e dell’ambiente. Un film non geopolitico (pieno di echi familiari sui genitori di Segre, anni ’60) ma sulle promesse deluse.

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