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Il monumento
di pietra prende vita
Ed escono gli attori

Si chiama “Stones”. E’ lo spettacolo della compagnia israeliana Orto-da Theatre Group, im tournée in Italia, che racconta, con un potente linguaggio espressivo e un effetto visivo sorprendente, un viaggio nel dramma dell’esodo, della deportazione, dei campi di concentramento, l’arrivo ad Israele e la lotta, ancora oggi, per una pace che non arriva. “Stones” si ispira al monumento scolpito da Nathan Rapoport alla memoria delle vittime dell’Olocausto e dei resistenti del Ghetto di Varsavia e posto nel 1948 all’ingresso del Ghetto.

Truccati in modo da rappresentare le figure del monumento stesso, gli attori, all’inizio immobili come pietre - sul palcoscenico si innalza la ricostruzione del bronzo - si animano gradualmente sino a prendere vita. Proiettati nel XXI secolo, i personaggi intraprendono un viaggio intimo nelle coscienze e nel tempo, un viaggio poetico, nelle menti e nelle memorie, nel presente e nella storia, dando vita a uno spettacolo denso di momenti magici, con un insolito gioco fra orrore e poesia, fino alla fine.

Gli Orto-Da spingono a riflettere. È una storia che appartiene solo al popolo ebraico, o non siamo tutti vittime di persecuzioni, di emigrazioni forzate, di episodi di guerra e violenza? E se fosse il nostro presente? O peggio: il futuro? La scena dei “caproni” che osservano inebetiti le immagini alla Tv, al di là della comicità degli sketch degli attori, risulta agghiacciante se rapportata agli accadimenti di oggi. La narrazione di Stones in una sincronia perfetta di movimenti, musica e luci si dipana leggiadra e commuove, fa ridere, a volte sembra “prenderci a schiaffi”.

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