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ANNIVERSARI. Il ventennale degli spettacoli sulle due punte festeggiato con una stagione di livello e una pubblicazione che ripercorre come Vicenza è diventata capitale

Tutta colpa
della danza

Alessandra Ferri e Laurent Hilaire nel 1995  a Vicenza  Un manifesto di Vicenza Danza del 1996 . Sotto Rbr Dance nel 20022009, Ezralow Company
Alessandra Ferri e Laurent Hilaire nel 1995 a Vicenza Un manifesto di Vicenza Danza del 1996 . Sotto Rbr Dance nel 20022009, Ezralow Company
Alessandra Ferri e Laurent Hilaire nel 1995  a Vicenza  Un manifesto di Vicenza Danza del 1996 . Sotto Rbr Dance nel 20022009, Ezralow Company
Alessandra Ferri e Laurent Hilaire nel 1995 a Vicenza Un manifesto di Vicenza Danza del 1996 . Sotto Rbr Dance nel 20022009, Ezralow Company

Nicoletta Martelletto

C’ è un bel concorso di colpa se oggi Vicenza è una delle capitali della danza in Italia. Il Teatro Comunale è il luogo dove il pubblico è sempre sulle punte: non tanto perchè siano tutti praticanti la palestra o fedelissimi della sbarra, quando perchè sollevandosi sulle punte si guarda oltre il limite, alla ricerca delle novità. E in viale Mazzini le novità arrivano puntuali, da vent’anni a questa parte, in un corso di aggiornamento continuo sulle compagnie di grido che sotto i Berici vengono più che volentieri. Trovano accoglienza, un grande palco, un teatro moderno, buon cibo e sopra ogni cosa un pubblico preparato e competente.Ero seduta vicino a Moses Pendleton, fondatore dei celebrati Momix, alla prova generale di ”Alchemy” nel gennaio 2013 e gli chiedevo del perchè amasse la provincia: «Amazing Vicenza» allargando le braccia a forma di cuore.

Come si arriva a mettere in fila in vent’anni 220 spettacoli, quasi 3 mila artisti e 130 mila spettatori?

In principio fu il teatro Roma. Prima ancora la danza aveva fatto capolino nel severo Olimpico: rade occasioni di qualità. Ci passò anche Carla Fracci.

Il sottofondo delle scuole coreutiche che crescevano attorno a docenti illuminate e il desiderio di portare bellezza in questa città aveva mosso le produzioni classiche e creato un primo nucleo di appassionati. Chi lo ricorda meglio di chiunque altro è la travolgente Loredana Bernardi, curatrice di VicenzaDanza, che nel 1994, dopo aver portato all’Olimpico il balletto Van Gogh, fu chiamata dal manager Antonio Gnecchi, che cercava una partnership per la stagione del Carcano di Milano. «All’epoca - scrive Bernardi nella brochure che celebra il ventennale - facevo parte del Centro Internazionale Danza Andrea Palladio, che organizzava in città Orizzonte Danza, con stages, un premio, qualche spettacolo, nulla che potesse assomigliare a una rassegna. Subito rimasi sconcertata, ma poi la passione e l’entusiasmo ebbero il sopravvento. L’assessore Mario Bagnara ci diede fiducia e partimmo con quattro date, una al mese, in prima nazionale». Bagnara, assessore alla Cultura (tra fine 1992 e maggio ’95),ricorda i balletti La boîte à joujoux di Debussy e Mamère l’oye di Ravel con le musiche dal vivo della giovane Orchestra del Teatro Olimpico e Laudabilis. La notte del re del 1994: «Ma il debutto vero si ebbe nel primo semestre 1995. Strabiliante, il 15 gennaio, la performance acrobatica e pirotecnica di David Parsons, per la prima volta a Vicenza, seguito da Stephen Petronio, dal Balletto di Toscana e dalla Phoenix Dance Company, sempre al Teatro Roma, per finire trionfalmente in giugno all’Olimpico con Alessandra Ferri».

Si scelsero compagnie di livello perchè il publico andava scosso e la stampa nazionale doveva parlarne. «Mi piace ricordare nel ’96 - prosegue Bernardi - la prima volta in Italia di Matthew Bourne e della sua Adventures in Motion Pictures, con un cameo coreografico “Highland Fling”: una compagnia che ora tutti i grandi festival si contendono, accessibile a pochi per gli alti costi». A proposito di denaro, se la Ferri danzò a Vicenza si deve al marchese Giuseppe Roi, mecenate ed estimatore della danza: Loredana gli confidò che «avrebbe dato l’anima per portare la Ferri all’Olimpico». Lui le rispose: «E perché no? Quanto costa?». Trovò i fondi e lo spettacolo si fece. L’anno dopo sempre Roi sostenne la coproduzione Teatro Olimpico- Balletto di Toscana per il “Don Giovanni” nell’ambito del Ciclo di Spettacoli Classici. «La vita di VicenzaDanza - prosegue Bernardi - non è stata per niente facile: dopo soli due anni rimanemmo senza il Teatro Roma che, per quanto vetusto, ci era indispensabile. Facendo di necessità virtù, ci dividemmo tra la sala Palladio in Fiera, il palasport e il Teatro Olimpico. Anche per i finanziamenti erano tempi difficili, non si sapeva mai fino all’ultimo momento se ci sarebbe stata un’altra edizione». Nel 2007 la musica cambiò: il nuovo Teatro Comunale, il 10 dicembre aprì le porte a prosa, musica e danza. Soprattutto la danza verrebbe da dire, che aveva già il suo pacchetto di fedelissimi: scuole, società sportive, donne e uomini adulti, giovani appassionati di ballo etnico e moderno.

L’allora sindaco Enrico Hüllweck, da bambino affascinato dalle foto di Vanna Busolini scattate da Giampaolo Vajenti, volle per il Galà inaugurale Svetlana Zakharova: «Mi aveva affascinato in vari teatri del mondo. E mi ha poi commosso vedere su quella scena Eleonora Abbagnato».

Un altro momento altissimo VicenzaDanza l’ha conosciuto nel 2009 con il Gala dei Prix Benois de la Danse realizzato in collaborazione col Bolshoi, che riunì un numero incredibile di stelle mondiali del balletto, in una delle rare volte in cui non si è svolto a Mosca.

Qual è la magia della danza, disciplina così rigorosa e a volte crudele, spettacolo etereo e così spirituale? «Danzando, siamo invitati ad entrare in una sorta di dimensione magica, nella quale dimentichiamo di giudicare, di programmare, di progettare. Per qualche minuto noi abbandoniamo la nostra vita di esseri pragmatici ridiventando semplici corpi affrancati da obblighi, che si muovono felicemente nello spazio» sostiene Flavio Albanese, presidente della Fondazione Teatro Comunale.

E ancora: «La danza è un’esperienza reale che si offre al pubblico attraverso un’esperienza immaginaria. Immaginare è rimontare la china verso i significati primari dell’esistenza, i luoghi della nostra libertà» osserva Francesca Lazzari, due volte assessore ala Cultura tra il 1990-95 e il 2008-2013.

Infine sì alla danza come «metafora dell’Abitare il Mondo - dice il vicesindaco attuale Jacopo Bulgarini d’Elci - Una danza che volteggia nell’aria ma nel contempo affonda i suoi passi nella nuda terra, per trasportarci in altre dimensioni fatte di immaginazione. E che è lì in qualche modo a ricordarci la necessità di metterci costantemente in gioco, con fiducia e sano abbandono, “a piedi nudi”».

Gli sforzi congiunti di organizzatori, sponsor e amministrazioni di destra e sinistra hanno consentito di avere le sale piene: «Sono spettatori di tutte le età - osserva Silvia Poletti, critica e storica delle danza - -stimolati, critici e avveduti, risvegliati in quella benedetta curiosità intellettuale che li porta a seguire con una disponibilità di visione - e comprensione - eccezionale i suggerimenti e le suggestioni, ovunque i programmi di VicenzaDanza li conducano: tra gli aborigeni austrialiani di Bangarra come tra i danzatori moderni di Shangai; tra il punknewyorkese di Stephen Petronio o tra gli energetici interpreti metropolitani dell’ israeliano Hofesh Shechter».

Non mancano le pagine tragicomiche: ne scrive una Pier Giacomo Cirella, già Arteven, ora segretario della Fondazione Teatro Comunale, quando racconta come rischiò di essere picchiato da un membro della compagnia di flamenco di Antonio Marquez. Era il marzo del 2003 e i facchini per lo scarico dei materiali non si presentarono. Sotto un diluvio universale furono gli spagnoli a farsi carico delle operazioni: «Intervenne il manager, mi salvò dalle botte. Salutai poi Marquez fingendomi uno spettatore qualsiasi». Capricci delle star, riti scarantici, liti con i fotografi (compresi i nostri del Gdv), lezioni di ballo nel foyer post spettacolo fanno parte del folclore che accompagna gli spettacoli ai quali la stagione in corso non fa che rendere onore: lo provano anche gli abbonati da fuori città.

Nicoletta Martelletto

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