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Putin salverà il ragionier A.C.?

Il giornalista Toni Capuozzo mostra il sito dell’Islamic cyber army che segnala gli «infedeli» da uccidere
Il giornalista Toni Capuozzo mostra il sito dell’Islamic cyber army che segnala gli «infedeli» da uccidere
Il giornalista Toni Capuozzo mostra il sito dell’Islamic cyber army che segnala gli «infedeli» da uccidere
Il giornalista Toni Capuozzo mostra il sito dell’Islamic cyber army che segnala gli «infedeli» da uccidere

(...) che il talentuoso Toni Capuozzo, già vicedirettore del Tg5 e conduttore di Terra!, standosene seduto davanti al computer nel proprio eremo sull’isola di Pantelleria, scopra che esiste l’Islamic cyber army, un’armata cibernetica messa in piedi dall’Isis, e ne dia conto nel suo blog Cronache randagie su Youtube.

Gli hacker del Califfato hanno compilato una lista di possibili bersagli, indicati con tanto di nome e cognome, professione, indirizzo di posta elettronica, talvolta persino domicilio e numero di cellulare. L’imperativo categorico rivolto ai «wolfs», i lupi solitari dell’Isis annidati ovunque, è di eliminare questi obiettivi umani con vari mezzi: «Sparategli, accoltellateli, fateli saltare in aria, investiteli con l’auto, tirate loro sassi, intossicateli con il veleno, colpiteli con il bastone». Per ogni metodo, un disegno esplicativo dissipa qualsiasi dubbio che potesse insorgere nei terroristi meno acculturati. «Colpite in mezzo alla folla», raccomandano alla truppa i deliranti istigatori. Cioè agite in piazza, fate in modo che si parli molto di voi.

La lista di morte, che nel solo Canada segnala ben 12.000 nomi, comprende 2.168 americani, 214 inglesi, 55 belgi e anche 32 italiani. Fra «gli infedeli» di casa nostra, da «sgozzare senza pietà», figurano A.C., ragioniere della provincia di Vicenza; L.U., ingegnere di Roma; A.M., che lavora al Cnr; G.L. e R.S., dipendenti della Banca d’Italia; R.P., docente universitario a Lecce; F.C., che vive in una sperduta località della Valtellina; B.B., manager in una società di servizi del settore bancario; S.P., una donna dirigente; A.P., che opera nel campo dei nuovi media.

Come possiamo difendere il ragioniere vicentino A.C.? E riusciremo mai a vincere questa terza guerra mondiale? Siamo realisti: è impossibile. Per un motivo molto semplice: gli attentatori suicidi dispongono di un’arma, il loro corpo, che l’Occidente ha deposto da almeno tre secoli, dai tempi di Pietro Micca, l’eroico soldato piemontese che nel 1706, durante la guerra di successione spagnola, salvò Torino dall’assedio dei francesi, dando fuoco alle polveri e facendosi saltare in aria per distruggere la galleria di accesso alla città.

Sarebbe già un grande passo avanti se comprendessimo che la strategia del nemico è antica. Già mille anni fa tra gli ismailiti allignava la Setta degli Assassini. Essa contava 1.200 cellule dormienti, tanto che per due volte rischiò di farne le spese, in un regolamento di conti interno al mondo musulmano, persino il feroce Saladino, il conquistatore di Gerusalemme che pure era riuscito a sconfiggere la terza crociata guidata da Riccardo Cuor di Leone. Non solo: assassino deriva da una parola che in arabo significa fumatore di hashish e infatti fra i moderni jihadisti è particolarmente diffuso il Captagon, cloridrato di fenetillina, un composto di amfetamina e sostanze stimolanti che induce uno stato di esaltazione mentale e di allucinazione permanente, per cui sgozzano le persone ridendo. Infine s’immolano volentieri per la causa perché, mentre noi siamo angosciati dai dubbi, loro hanno la certezza che Allah gli dischiuda le porte del paradiso, dove trovano 72 vergini a deliziarli. E ciò li rende imbattibili, visto che i nostri giovani già sperimentano le vergini qui in terra.

Non potendo vincere la guerra sul campo, non resterebbe che cercare di sconfiggere i kamikaze della mezza luna almeno sui mass media. È attraverso l’impalpabile universo dell’etere e dei byte che i sicari drogati spargono il terrore, tengono in scacco psicologicamente l’opinione pubblica, massimizzano il successo delle loro imprese belliche, riescono a postare in tempo reale non solo le immagini sorridenti dei cinque del commando di Dacca ma anche i filmati delle decapitazioni, delle esecuzioni affidate ai bambini, delle lapidazioni, degli omosessuali scaraventati giù dall’ultimo piano degli edifici.

Due anni fa lo Stato islamico si è addirittura dotato di una sala stampa, l’Al Hayat media center, per diffondere materiale in inglese, francese, tedesco e russo. Inoltre approfitta con disinvoltura dei social network dell’odiato Occidente. Ora si dà il caso che i signori Larry Page (Google), Tim Cook (Apple), Bill Gates (Microsoft), Mark Zuckerberg (Facebook e Instagram), Jack Dorsey (Twitter), Jeff Bezos (Amazon) sappiano tutto di tutti, mentre noi non sappiamo nulla di loro. Controllano la Rete, controllano i governi, controllano i consumi, controllano le coscienze, controllano il mondo. Però non riescono a controllare i terroristi. Oh bella! Com’è possibile? Il loro amico Barack Obama non avrebbe neppure bisogno di convocarli - per costoro la Casa Bianca ha le porte girevoli, come gli hotel - se volesse chiedergli: cari amici, mi aiutate a mettere la sordina a questi criminali dell’Isis, potete fare in modo che spariscano dal Web? Macché, lo Stato islamico continua a utilizzare server che spesso sono ospitati negli Stati Uniti e siamo arrivati al punto che Apple s’è rifiutata, in nome della legge sulla privacy, di decriptare il melafonino di un terrorista islamico, come le aveva ingiunto l’Fbi.

Lo so anch’io che imbrigliare Internet, spegnere le televisioni, oscurare i social network, censurare i giornali è impossibile. Ma qui dobbiamo deciderci: o campiamo disinformati, o moriamo informatissimi. Vale la pena di chiedersi che guerra sarebbe, quella dell’Isis, se nessuno le desse visibilità. Dopo ogni strage accade invece l’esatto contrario: telegiornali che per ore e ore parlano soltanto delle sanguinose gesta, pagine su pagine con titoli a caratteri cubitali e immagini truculente, dirette non stop, trasmissioni di approfondimento, commentatori mobilitati in dibattiti fiume, presidenti (Sergio Mattarella) che sotto l’incalzare dei tragici eventi interrompono i viaggi di Stato per tornare precipitosamente in patria.

Immaginate quale montagna di dollari dovrebbero sborsare i «martiri» della jihad, se fossero normali inserzionisti, per comprarsi una campagna pubblicitaria di tale portata planetaria, la quale procura nuovi adepti, rafforza la loro aura d’invicibilità e dimostra quanto siamo vulnerabili, disorientati e imbelli. Vogliamo capirlo sì o no che ci stanno annientando con i nostri stessi mezzi di comunicazione sociale?

Il dramma più evidente è proprio questo: l’Occidente non pare in grado di capire. L’unico politico raziocinante che ho incontrato negli ultimi anni indossava la talare. È il vescovo di Ferrara, Luigi Negri. Dopo gli eccidi compiuti dai tagliagole dello Stato islamico a Mosul, sull’ingresso del palazzo arcivescovile ha fatto appendere un enorme stendardo con una «nun» verde, la venticinquesima lettera dell’alfabeto arabo, corrispondente alla «n» dell’alfabeto latino, e la scritta «“N” come Nazareno: il marchio della vergogna sulle case dei cristiani. Vergogna per chi lo ha posto». Il presule mi ha detto: «Bisognerebbe tentare di disarticolare il vertice folle e barbaro dell’Isis. Ci vorrebbe il ricorso a quell’“ingerenza umanitaria” predicata da papa Wojtyla alla faccia di tutti i novatori teologici, un’azione vigorosa e mirata, come quella che impedì alla guerra nei Balcani di trasformarsi in tragedia totale. Ma per promuoverla servono testa e palle». E ha soggiunto: «Non sono un politico e neanche un politologo. Ma lo spettacolo offerto dagli statisti nazionali e internazionali è desolante. Da chi dovrei aspettarmi una valutazione critica della sfida che il Medio Oriente pone al mondo civile? Da Barack Obama? Da David Cameron? Da Matteo Renzi? Da François Hollande, che all’alba va a portare i croissant all’amante mascherandosi con un casco? Qual è la loro progettualità? Non l’ho capito. Nel panorama di silenzio connivente e di iniziative inconcludenti, l’unico che ha gli attributi, devo ammetterlo con profonda vergogna, è Vladimir Putin».

Un esperto mi ha assicurato che la famiglia Putin, anzi Putìn, sarebbe di antiche ascendenze vicentine. Credo anch’io, come monsignor Negri, che solo il leader russo abbia testa e palle per salvare il ragionier A.C., se non altro in nome delle comuni origini. Cristiane, non musulmane.

Stefano Lorenzetto

www.stefanolorenzetto.it

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