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La signora
della Sindone

«Devo ringraziare i negazionisti che ci obbligano a scavare ancora. Ma quel lenzuolo non è medievale e comunque fotografa una Passione»
La ricostruzione del possibile volto di Gesù Cristo effettuata con le tecniche computerizzate della poliziaEmanuela Marinelli è laureata in Scienze naturali e geologicheIl pubblico davanti al lenzuolo della Sindone, esposto a Torino per l’ultima volta dal 19 aprile al 24 giugno scorsi
La ricostruzione del possibile volto di Gesù Cristo effettuata con le tecniche computerizzate della poliziaEmanuela Marinelli è laureata in Scienze naturali e geologicheIl pubblico davanti al lenzuolo della Sindone, esposto a Torino per l’ultima volta dal 19 aprile al 24 giugno scorsi
La ricostruzione del possibile volto di Gesù Cristo effettuata con le tecniche computerizzate della poliziaEmanuela Marinelli è laureata in Scienze naturali e geologicheIl pubblico davanti al lenzuolo della Sindone, esposto a Torino per l’ultima volta dal 19 aprile al 24 giugno scorsi
La ricostruzione del possibile volto di Gesù Cristo effettuata con le tecniche computerizzate della poliziaEmanuela Marinelli è laureata in Scienze naturali e geologicheIl pubblico davanti al lenzuolo della Sindone, esposto a Torino per l’ultima volta dal 19 aprile al 24 giugno scorsi

Lorenzo Parolin

Dici “Sindone” e ti aspetti una studiosa azzimata che nasconde la passione per la ricerca sotto l’ austerità. Noblesse oblige, del resto, e cosa c’è di più nobile, per un cattolico, del lino che coprì il corpo di Cristo?

Emanuela Marinelli, invece, dopo quarant’anni di ricerche sul lenzuolo sacro, spariglia le carte con una carica umana e un calore decisamente inusuali a questi livelli. Se serve, tra l’ebraico e il greco antico, spunta pure qualche espressione in romanesco e le tappe di un percorso arrivato nelle scorse settimane a Bassano per ricevere il premio “Cultura Cattolica”, scorrono come una storia che la protagonista racconta ancora con un certo stupore.

Per lei, però, parlano i quasi venti libri dati alle stampe, tra i quali “La Sindone – Un enigma alla prova della scienza”, scritto all’inizio degli anni ’90 con il vaticanista Orazio Petrosillo, o i più recenti “La Sindone- Testimone di una presenza” e “Luce dal Sepolcro”. Un saggio l’anno, alternato a convegni, alla ricerca delle risposte agli interrogativi che la reliquia solleva da sempre.

Il suo curriculum, dice “laurea in scienze naturali e laurea in geologia”. Immaginava una carriera scientifica in università, invece è arrivata la Sindone…

Era il ’76, ero un po’ più giovane anch’io, e lo scienziato svizzero Max Frei Sulzer, esperto in microtracce e criminologo, fece sapere di aver trovato sulla Sindone granuli di polline che non esistono in Europa. Arrivavano dal Medio Oriente, zona Mar Morto. Insomma, non si vedeva ancora Gerusalemme, ma c’eravamo quasi. Era una prova pesante e mi innamorai della Sindone. Decisi di iniziare un percorso di specializzazione, anche perché come donna e laica, al tempo mica partivo da una posizione di vantaggio. Mi formai per quattro anni, ricevendo il diploma di “Catechista della Passione”. Il bello è che all’epoca, la Sindone era un tema di nicchia.

Cioè, prima della datazione al carbonio, non se ne parlava, dopo la collocazione nel XIV secolo la Sindone è tornata sulla mappa?

Sì, perché fino alla fine degli anni ‘70 la sentivamo come una questione da torinesi. Del resto, era rimasta nella sua teca per più di quarant’anni e, poi, noi de Roma , di reliquie ne abbiamo viste tante. Siamo scettici per natura e anch’io mi ero avvicinata con la curiosità prudente dello scienziato. Continuai per un decennio, a studiarla da privata cittadina.

Poi, che accadde? Dalla fine degli anni ’80 la sua carriera di saggista è un crescendo…

Sì, e povero mio marito che mi vede rincasare, salutare in fretta e furia e mettermi al computer. Accadde che l’esame al carbonio 14, che nell’ ’88 datò il lenzuolo al medioevo, fu smentito da un fatto passato come notiziola in un periodico asiatico. Venni a sapere, tramite contatti in Oriente, che pochi anni prima, nell’ ’82, un esame al C14 del California Institute of Technology, aveva collocato la Sindone nel II-III secolo. Semplicemente, l’analisi di un filo centrale e non, come per l’esame più celebre dell’orlo del lenzuolo probabilmente rammendato nel medioevo, aveva messo le cose a posto. Era l’aggancio che cercavamo: la notizia arrivò a Orazio Petrosillo e a Vittorio Messori che mi obbligò a scrivere un libro. Ci prendemmo il tempo necessario e uscimmo nel ’90.

Quindi? La Sindone è realmente il lenzuolo di Cristo o un falso medievale?

Se è medievale, allora la Sindone è un miracolo, tante e tali sono le concordanze coi Vangeli: dalla sepoltura regale con lenzuolo in pezzo unico di lino, alle tracce di terra e pollini mediorientali rilevabili solo al microscopio, alla coincidenza con il racconto della Passione, comprese le titubanze di Pilato. Se non è medievale, il problema allora è degli scettici: come giustificare così tanti elementi concordanti? In ogni caso, devo ringraziare i negazionisti.

Che fa? Porge l’altra guancia?

Ma no! È che resto sempre una donna di scienza, e il dubbio altrui ci obbliga a ricercare. Così scaviamo anche dentro noi stessi e indagando l’origine storica della Sindone, ne scopriamo anche il significato simbolico. Comunque sia, il lenzuolo “fotografa” la Passione, cioè il momento focale del nostro essere cristiani e a due millenni di distanza continua a provocarci.

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