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verso l'adunata

Gli alpini “salvarono” la città dalla bomba all’ex aeroporto

di Paolo Rolli
Il barricamento. Costruito attorno alla bomba protetta dalla cassa
Il barricamento. Costruito attorno alla bomba protetta dalla cassa
Il barricamento. Costruito attorno alla bomba protetta dalla cassa
Il barricamento. Costruito attorno alla bomba protetta dalla cassa

Esattamente dieci anni fa le penne nere “salvarono“ Vicenza. Sono trascorsi due lustri, infatti, da quando gli specialisti con la penna nera del 2° reggimento genio guastatori di Trento misero in sicurezza la Old lady, la bomba d’aereo inglese da 4.000 libbre, circa 1.800 chili, rinvenuta nell’area dell’ex aeroporto Dal Molin che per mesi tenne con il fiato sospeso i vicentini.
L’ordigno era stato scoperto nell’ambito dell’attività di ricerca da parte di un’azienda privata per la bonifica necessaria prima di dare l’avvio ai lavori del futuro Parco della pace, attività sottoposta alla supervisione da parte del 2° reggimento genio guastatori della brigata alpina Julia. In ambito nazionale sono infatti gli artificieri dell’Esercito l’élite specializzata incaricata di dare risposta a queste esigenze. Ecco, quindi, che i genieri alpini furono chiamati a operare per circa sei mesi tra studio, predisposizione ed effettuazione dell’operazione, rapportandosi con tutti gli altri enti coinvolti e sotto il coordinamento della prefettura. Dieci anni fa, dunque, furono i genieri con la penna nera della Julia a rimboccarsi le maniche e a studiare le procedure e quindi a effettuare il despolettamento dell’ordigno e la sua successiva messa in sicurezza, operando a stretto contatto con l’allora sindaco Achille Variati, nominato dal Governo Commissario straordinario per l’emergenza e con l’allora prefetto Eugenio Soldà. Durante quei lunghi mesi di intenso lavoro sul campo, i genieri alpini vennero “adottati” dalla città, in particolare da alcuni gruppi dell’Associazione nazionale alpini della zona, che li aiutarono dal punto di vista logistico e organizzativo, avviando un rapporto che anco
ra oggi resiste. Quella contro la bomba britannica lanciata su Vicenza nel novembre 1944 e rimasta inesplosa per decenni conficcata nel terreno del “Dal Molin” fu una battaglia lunga e impegnativa per gli alpini del 2° reggimento: l’ordigno, infatti, a causa delle sue condizioni, era inamovibile, pertanto si sarebbe dovuto intervenire sul posto. Poco a poco, attorno al punto dove quella che era stata ribattezzata Old lady era stata messa in sicurezza, sorse una sorta di piramide che ancora oggi molti si ricordano. Si trattava di un barricamento a struttura quadrata di otto metri di lato e sette di altezza, realizzato con elementi autoportanti in struttura leggera grigliata e riempiti con oltre 5 mila metri cubi di terra. Il lavoro fu effettuato da 40 militari che utilizzarono escavatori e ruspe cingolate in grado di muoversi su ogni terreno, in quanto le caratteristiche del suolo acquitrinoso del Dal Molin e il periodo invernale delle piogge, avevano trasformato il fondo dell’ex aeroporto in una palude, rendendo necessario addirittura l’utilizzo di pompe idrovore, nonchè di torri faro per lavorare anche con il buio. La poderosa costruzione si era resa necessaria per neutralizzare in loco l’ordigno giudicato inamovibile a causa dei danni conseguenti all’impatto con il terreno degli organi innescanti, che si sarebbero dovuti rimuovere. Studio, programmazione e predisposizioni durarono per sei mesi, finchè il 25 aprile 2014 per Vicenza giunse il giorno X. Nel raggio di 2.5 chilometri dalla bomba furono evacuate circa 27mila persone residenti nel capoluogo e in piccola parte a Caldogno e Costabissara. Per ore la città insolitamente silenziosa tenne il fiato sospeso, mentre i genieri alpini del 2° guastatori operavano attorno a quella blockbuster capace di
radere al suolo un quartiere metropolitano. Alla fine tutto si risolse per il verso giusto e dopo circa 4 ore di lavoro il gigante oramai inoffensivo, ma ancora pieno di numerosi quintali di esplosivo, fu trasportato in una cava di Orgiano dove venne effettuata la distruzione del Minol 2, l’esplosivo a base di tritolo, nitrato d’ammonio e alluminio, contenuto
. Quest’ultima e a sua volta delicata fase fu coordinata da un ufficiale degli alpini vicentino, l’allora capitano Giovanni Agosti, oggi tenente colonnello in servizio al comando Nato di Salonicco. Indissolubile, quindi il rapporto che lega il reparto alpino di stanza a Trento alla città di Vicenza, testimoniato anche dal “souvenir” che il 2° reggimento  donò alla città: l’involucro della oramai inoffensiva Old lady che, fissato su una culla metallica appositamente realizzata, da dieci anni fa bella mostra di sè nei giardini del Museo di villa Guiccioli a Monte Berico.