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Luigi Venturini

«Diario di Russia» L’interrogatorio

Un mattino, verso la fine di novembre, mi viene ordinato di presentarmi presso l’ufficio di polizua. davanti a me il tenente della N.K.V.D. e la fuoriuscita francese che nel ’43 ci illustrava le conquiste del comunismo.

Mi salutano e mi fanno accomodare. L’ufficiale posa davanti a me sul tavolo un mucchietto di buon tabacco e cartine invitandomi a fumare.

La lingua francese la parlo abbastanza bene, per cui la signora incomincia a saggiare la mia posizione politica, sollecitandomi a rivelare le mie idee sul fascimo. Il tema è scottante perciò, dati i miei precedenti con questo ufficio, devo stare attento alle mie risposte.

«Il fascismo, incominciò, ha fatto una cosa sbagliata a inviarci in guerra contro un popolo che non ci ha fato nulla».

«Allora sei antifascista?». «Considerando questo antefatto sicuramente lo sono!».

«Il popolo russo sta combattendo il fascismo invasore, vuoi tu cooperare per la caduta di quel regime che vi ha portato in guerra?».

«Lo stiamo già facendo qui da prigionieri, lavorando nei campi e nelle officine!». «No, non basta, un vero antifascista deve dare di più per la salvezza del suo paese e tu hai l’occasione di poterlo fare». «Come?»

«La nostra proposta è questa: tu sei radiotecnico e radiotelegrafista, ti diamo in dotazione una ricetrasmittente, i codici e i contatti con cui dovrai operare; ci invierai notizie sulle forze americane, tedesche e fasciste, sarai protetto e pagato bene. Sbarcherai subito a Bari».

Quest’impensabile offerta mi lascia interdetto. La voglia di rientrare in Italia è forte, ma non mi va di trasformarmi in una spia del comunismo nel mio paese, specialmente dopo i racconti di Piotr Emignitov. Incomincio perciò a tergiversare lamentando il mio precario stato di salute: ho ancora la pleurite e non mi sento di affrontare un incarico così importante. Poi, prendendo un po’ forza, affermo: «Sono un soldato dell’esercito italiano, ho fatto un giuramento e non mi sento di rientrare in Patria a fare la spia!».