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Marco Valle

Ardito Desio alpino e viaggiatore

Nella sua lunghissima vita Ardito Desio aveva inanellato una strepitosa serie di successi scientifici e geografici che gli valsero riconoscimenti, fama e non poche invidie e cattiverie. Di quest’ultime se ne infischiava bellamente e tirava dritto per la sua strada. Insomma, Ardito di nome e di fatto.

La sua prima avventura fu la Grande Guerra. Partito volontario, all’insaputa della famiglia, come portaordini ciclista nel 1916 venne nominato sottotenente del corpo degli alpini dove strinse amicizia con Italo Balbo, anche lui giovane ufficiale. Un incontro, come vedremo, importante. Tra un combattimento e l’altro Desio si iscrisse alla facoltà di Scienze naturali a Firenze ma nel novembre 1917, dopo la rotta di Caporetto, cadde nelle mani degli austriaci terminando la guerra in campo di concentramento in Boemia.

Nonostante le privazioni della detenzione - dopo quattro anni di guerra l’impero asburgico era stremato e affamato e per i prigionieri rimaneva solo qualche patata e dei crauti - la forzata pausa divenne per lui l’occasione per imparare il tedesco e, recuperando fortunosamente qualche testo, appassionarsi di geologia e paleontologia.

Finito il conflitto e rimpatriato, Desio riprese gli studi nell’ateneo toscano - dove ritrovò un’altra volta Balbo , anch’egli studente a Firenze - laureandosi il 27 luglio 1921 con il massimo dei voti; l’anno dopo prese servizio come assistente all’Istituto dib Geologia di Firenze, poi a Pavia e infine a Milano. Ma la vita sedentaria non faceva per lui. Tra il 1922 e il 1924 effettuò due lunghe spedizioni, in tutto quattordici mesi, nel Dodecanneso, fresco possedimento italiano.

Nel 1926 fu la volta della Libia. L’italia , fanalino di coda nella corsa coloniale, poco e male conosceva i suoi possedimenti. Terminata la sua prima impresa africana, nel 1929 Desio partecipò come geografo e geologo alla spedizione sul Karakorum guidata dal duca di Spoleto Aimone di Savoia-Aosta.

L’idea iniziale, una volta di più, era la conquista del K2, quella vittoria per poco mancata nel 1909 al duca degli Abruzzi.