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CONVERSAZIONI 2017. All’Olimpico il regista russo Boris Yukhananov

«Palladio voleva
una città nel teatro
Sarà la mia sfida»

“Octavia.Trepanation” all’inizio di ottobre arriverà a Vicenza: «Durante lo spettacolo si incontreranno tensioni che daranno spazio alla contemporaneità»
Nella foto il regista russo, Boris Yukhananov, al Teatro Olimpico
Nella foto il regista russo, Boris Yukhananov, al Teatro Olimpico
Nella foto il regista russo, Boris Yukhananov, al Teatro Olimpico
Nella foto il regista russo, Boris Yukhananov, al Teatro Olimpico

VICENZA. Il regista teatrale e cinematografico russo Boris Yukhananov ha visitato il Teatro Olimpico per portare sulla scena, agli inizi del prossimo ottobre nell’ambito di Conversazioni 2017 - 70° Ciclo di Spettacoli Classici, il suo ”Octavia. Trepanation”. Definito dallo stesso Yukananov e Sergej Adonjev, «un’opera-operazione sulla tirannia» lo spettacolo immagina una sorta di “intervento chirurgico” per estirpare dalla testa del tiranno la radice della violenza. “Octavia. Trepanation” è una coproduzione dello storico Stanislavsky Electrotheatre Mosca, con Fondazione Lenin UK e Holland Festival, in collaborazione con Change Performing Arts. L’arte può riuscire a spiegare la tirannia? Questo è l’interrogativo di fondo dello spettacolo che fa interagire la tragedia “Ottavia” attribuita a Seneca con gli scritti di Trotskij su Lenin. In occasione del centenario della rivoluzione bolscevica, attraverso i personaggi di un testo classico, sarà data vita ad un’operazione monumentale a cavallo tra teatro, musica ed un’installazione visiva, che inizierà la tournée a Vicenza dopo il debutto che ha avuto un grande successo di critica e pubblico all’Holland Festival di Amsterdam, spettacolo visto anche da Franco Laera, curatore artistico della stagione all’Olimpico. Boris Yukhananov è anche teorico delle arti, romanziere, poeta, educatore. Un artista a tutto tondo che nel 1985 ha fondato Teatr-Teatr, la prima Compagnia teatrale indipendente dell’Unione Sovietica. Qual è stato l’impatto con Vicenza e, soprattutto, con la straordinaria dimensione dell’Olimpico. Questo teatro rappresenta il quadro eterno in cui si congiungono tutti i tempi. È una specie di enorme installazione dove le forme del teatro antico e la città si congiungono e si riproducono reciprocamente. Palladio ha trasposto la città nel teatro che a sua volta la riproduce nella struttura e nella scenografia di Scamozzi, antica ma viva. Come coniugare contemporaneità e classicità? Portare all’Olimpico la vibrazione della contemporaneità esige da noi la massima cura, si tratta di una sfida per qualunque regista, non perché si porta uno spettacolo nel museo, ma perché adattarne all’interno un’opera significa affrontare l’idea palladiana del mondo Dialettica o contrapposizione? Il mio scopo è aprire la possibilità di una dialettica nell’accezione della filosofia antica, sarà un incontro di tensioni. Non sarà facile, ma questa è la scommessa del mio lavoro. Che rapporto ha con l’Italia che lei conosce bene? Roma e l’Italia sono mondi, non semplicemente città o nazioni. Anche la tragedia di Seneca che tratto nello spettacolo è romana. Amo Dante e Petrarca, Firenze con la sua storia. Nel mio ultimo spettacolo ho trattato Venezia come porta verso il futuro. I miei amici più stretti sono italiani. Amo l’Italia ed ora anche Vicenza fa parte del mio Olimpo.

G.D.V. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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