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«Vicenza senza auto tra stop e menefreghismo»

Senza auto. La giornata ecologica della terza domenica di marzo ha visto, per la prima volta quest’anno, una città insolita. Ammutolita, immobile, sconcertante senza il rombo continuo dei motori, il fischio dei freni, il sibilo fastidioso dei clacson. A ravvivarla, il vocìo di tanti pedoni, ad occupare di proposito le strade e le aree solitamente riservate alle auto. In comitive i marciatori con le maglie distintive dei gruppi di appartenenza, le famiglie con carrozzine attorniate dai propri cani, amici e comari in crocchio pettegolare sui passanti. Una giornata di festa, non c’è che dire, speciale per mancanza del ronzio dei motori, nostra quotidiana compagnia. In molti si chiedono perché la città non dovrebbe essere così tutte le domeniche; si offrirebbero occasioni di amicizie, di maggiore umanità, di abbattimento dello stress. L’aria sembra più pulita, più respirabile anche se i suoi nemici invisibili, dal nome incomprensibile, Pm10, la stanno avvelenando, a morte. Prima di tutto per ragioni di salute, queste domeniche, ma se la malattia dell’aria è così grave perché non anche altri giorni, dovrebbero ripetersi più di frequente. Invece, insensatamente, i responsabili comunali prevedono solo tra sei mesi un’altra fermata delle auto. Tra sei mesi. Ma loro stessi ammettono che mai come quest’anno, anche per mancanza di precipitazioni atmosferiche, è stato superato il limite dei 50 microgrammi per metro cubo, toccando perfino i 100 microgrammi e ciò per 42 volte dal primo dell’anno.

E allora se le cose stanno così, in gravissime condizioni, prim’ancora dello stato di salute dell’aria preoccupa il menefreghismo di chi ci dirige. Capìto, solo fra sei mesi il prossimo stop alle auto. E nel frattempo che si fa? Niente. Sì lo sappiamo: non è il traffico automobilistico l’unico agente inquinante, anzi questo non è neppure il principale venendo dopo quello degli impianti di riscaldamento delle case e quello delle attività industriali. Di certo l’auto incide per poco più di un quarto nell’avvelenamento dell’aria; anche per questo sono state inventate le (più comode e meno dispendiose) giornate ecologiche. Ma allora si tenessero con maggior frequenza queste domeniche ecologiche, se non altro per un effetto di contenimento delle polveri micidiali.

Ancora. Oltre la cura da cavallo con lo stop più frequente, addirittura ad oltranza in mancanza di altra soluzione, l’Amministrazione pubblica ha il dovere di studiare altri rimedi, di carattere strutturale. La mobilità cittadina prima di tutto. Un’azienda pubblica dei trasporti che lavora in perdita perché male attrezzata e peggio ancora governata, non favorisce certo l’utilizzo del mezzo pubblico, che dovrebbe sostituire quello privato per tutti gli spostamenti, periodici od occasionali, almeno nell’ambito cittadino. Invece ampi spazi cittadini rimangono scoperti dal mezzo pubblico perché inaccessibili o poco frequentabili. Il centro storico e il suo pomerio dovrebbero essere serviti da minibus, più manovrabili e meno rumorosi, per penetrare anche nelle vie e nei quartieri più disagevoli e remoti. Minibus elettrici, di quelli in uso nelle fiere, che scorrono lenti ma in continuazione per tutta la città. Pure l’area metropolitana richiede un robusto intervento. La città soprattutto nelle ore di punta, lavoro, scuole, mercati, viene invasa da ogni dove da interminabili code di veicoli privati. Inquinamento, intasamento e tanto caos, a scapito del vivere e delle stesse attività cittadine; si impongono soluzioni troppo a lungo rinviate.

Grandi parcheggi, sotterranei o silos nei punti di ingresso in città, alla quale accedere solo con i mezzi pubblici. Il rimedio al disordine non meno che all’inquinamento si impone per una città sempre più vuota in centro storico e più invivibile nelle periferie.

Giovanni Bertacche

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