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«Suem, agenti
di polizia e Tso»

Ho letto la lettera pubblicata qualche giorno fa col titolo "Le ragioni del Suem e quelle della Polizia di Stato" del signor Luca Prioli, segretario generale provinciale Ugl. Purtroppo non ho letto quella precedente del direttore del Suem di Vicenza sul medesimo argomento. Si parla di un malcapitato che, poiché si aggirava nel proprio giardino in piena notte e in pieno inverno "indossando una maglietta a maniche corte e urlava parole incomprensibili" e sopratutto poiché "tutti si erano accorti che era un violento" (non ci è dato sapere da cosa sia scaturito questo giudizio), è stato catturato, caricato a forza nella macchina della Polizia di Stato e condotto al servizio psichiatrico. Durante l'azione un agente si è anche slogato una spalla. Non entro nel merito della polemica fra Suem ed agenti di Polizia. Non posso, però, non far notare che sono state riportate le ragioni del Suem e degli agenti, ma sono del tutto assenti le ragioni della persona coinvolta che è, a mio parere, la vera vittima di tutta la vicenda.Viviamo il paradosso in Italia di avere le più belle leggi del mondo in fatto di garanzie per la libertà individuale e collettiva ed per i diritti delle persone, ma nella pratica quotidiana possono accadere fatti del genere.Tutti conoscono la Costituzione Italiana che è la prima legge dello Stato, il patto solenne fra cittadini. All'art. 13 dichiara infatti: "La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge." Molti conoscono la legge 833/78, conosciuta come la legge 180 o Basaglia, che ha chiuso i manicomi pubblici; ha riconosciuto il diritto di cittadinanza alle persone con disturbo mentale; ha scisso il nesso che la psichiatria aveva con la giustizia. Questa stabilisce nell'articolo 33: "Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari. Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall'autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura." La stessa legge prevede poi una serie di procedure formali volutamente rigide disposte a garanzia del cittadino che viene privato momentaneamente ed in modo del tutto eccezionale della libertà (bene considerato "inviolabile", quindi sacro dalla Costituzione) perché possa essere preso in cura.Nel fatto descritto, ammesso anche che la persona fosse portatrice di un disagio mentale, non sono state rispettate nessuna delle garanzie previste per un ricovero forzoso. Non si parla di proposte scritte da parte di medici di medicina generale o di psichiatri per un ASO (accertamento sanitario obbligatorio) o TSO (Trattamento sanitario obbligatorio), non si parla di ordinanza emessa dal sindaco, che in questi casi rappresenta la suprema autorità sanitaria del territorio. Ma non esistono neppure le circostanze descritte dall'articolo 45 del codice penale di uno "stato di necessità". Per questo non credo siano stati rispettati i diritti di questo cittadino, né la sua dignità.Tutto ciò che riguarda la follia incute angoscia e timore alla gente comune, che tende a rimuovere, a sfuggire e a demandare ad altri questo problema. È bene, comunque, che si tengano presenti alcuni punti:1. La psichiatria, per legge, non si occupa di pericolosità sociale. Il punto di rottura netta della legge 833/78 con la normativa precedente è rappresentato dall'abbandono della nozione di pericolosità, quale criterio per decidere il ricovero d'autorità. Non c'è in tutto il testo della legge nessun accenno ad a questo termine. Ciò che determina l'intervento è la sofferenza della persona, l'esistenza di alterazioni psichiche tali da richiedere un trattamento urgente e se tale trattamento viene rifiutato dal paziente. L'intervento di conseguenza non può essere se non terapeutico.Il paziente viene ricoverato soltanto nei casi in cui ciò sia giudicato necessario per la sua salute e non per una presunta condizione di pericolosità sociale. 2. L'equazione "patologia psichica = pericolosità" è sbagliata.Il pregiudizio della pericolosità nei confronti di chi è affetto da disturbi mentali è alimentato da paure e timori diffusissimi a tutti i livelli, prodotti, come spesso accade, dalla non conoscenza del problema. Non c'è dubbio che sussistono rari casi di alterazione mentale che portano ad atteggiamenti aggressivi e alla violenza. L'aggressività, in tutti questi casi, è la reazione a stati di paura, di sofferenza che potrebbe e dovrebbe essere facilmente prevenuta e gestita quando il soggetto è preso in carico da una equipe di operatori della Salute Mentale e non abbandonato a se stesso o alla famiglia. I dati statistici smentiscono e ribaltano il luogo comune del "malato mentale violento": episodi violenti sono presenti ugualmente nella cosiddetta popolazione normale e in quella dei pazienti psichiatrici. Più spesso sono proprio questi ultimi vittime di violenza. Si consideri anche che chiunque sottoposto a forti stimoli negativi può diventare aggressivo: Provate voi, dopo essere stati spinti a forza dentro un'auto e portati chissà-dove contro la propria volontà, a rimanere calmi e ragionevoli!Temo che, in questa circostanza, gli agenti siano andati oltre il proprio ruolo, anche se la loro buona fede è fuori discussione (chi ha riportato la lussazione alla spalla ha tutta la mia sincera comprensione). Penso però che episodi del genere non accadrebbero se il personale di pubblica sicurezza possedesse una formazione adeguata per rapportarsi a queste persone. "Combattere lo stigma del sofferente mentale" è un'espressione ormai abusata che ha perso senso e significato. È un obiettivo dichiarato da tutti gli psichiatri e da tutte le psichiatrie, anche se poi i fatti non corrispondono alle affermazioni; anzi talvolta non ne sono immuni neppure gli stessi operatori che dovrebbero combatterla.Comunque penso personalmente che sia proprio questo: lo stigma, o pregiudizio, verso le persone con disagio mentale il primo e vero problema della Salute Mentale, come, io credo, lo è stato in questa vicenda.

Edoardo Berton

DIAPSIGRA

UNASAM Veneto 

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