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«Non condivido
la condanna
del cittadino
che ha ucciso
il ladro»

Scrivo questa frase, una delle molte, anzi tantissime frasi che si trovano sfogliando una qualsiasi pagina di facebook o di qualunque social network in cui si parla o si fa riferimento alla magistratura ed alle sue a volte incomprensibili e discutibili sentenze: «Questa giustizia mi fa arrabbiare per la casta degli intoccabili e molto politicizzati magistrati italiani; dovrà presto rispondere che lo voglia o no al popolo italiano e dovrà spero pagare per tutti gli errori di imperizia, superficialità e incapacità dimostrate e certificate dalle enormi multe che il Paese paga», non è e non sarà l’ultima.

Le scrivo per fare mio quanto esposto da Roberto Maria Minarini nella lettera al Giornale di Vicenza titolata “La condanna del cittadino che spara è una sconfitta” relativa alla sentenza spropositata, ingiusta ed isterica inflitta dal giudice donna al tabaccaio di Corezzola che sparò al ladro entrato in negozio per rubare.

Quanto vale una vita umana si sarà chiesto il giudice. Orbene, esisterà una soglia a cui la vita umana dovrà inchinarsi? Perché, se questo limite non esistesse e la vita umana fosse incommensurabile, allora la sola possibilità che un nemico tenti di entrare nei confini di un altro Stato per invaderlo non varrebbe la risposta di difesa dello Stato aggredito. Persino in una ipotetica guerra la vita del nemico varrebbe più dei danni provocati dall’invasione stessa. Ragionando così si cadrebbe nei sofismi e non ne verremo mai fuori. Da cristiano non auguro alla giudice del male, non posso; ma la vita, a volte, dà e restituisce ciò che tu hai tolto o hai dato.

Un giorno che un giudice donna si trovasse di fronte a una decina di sbandati, magari immigrati; un branco di lupi affamati di sesso, stupratori delinquenti e lei nel difendersi dovesse ammazzarne uno nella colluttazione, non dovrebbe essere il popolo a chiedere a costei quanto vale la vita umana di fronte alla purezza salvaguardata? Vale quanto una vita umana?

Conosco la vicenda di un magistrato, giovane rampante, che in una città ha distrutto e smantellato un commissariato; a qualcuno ha contestato 8 capi di imputazione rivelatisi poi infondati e rovinando moralmente, e letteralmente infangando, ma forse suona meglio “sputtanando” a livello internazionale, la dignità e l’onestà del suo comandante; perché i superiori o l’organo di controllo non hanno inquisito questo magistrato per i danni causati allo Stato ed alle istituzioni? Ritengo che un magistrato non dovrebbe avere tutto questo strapotere.

Cari giudici, e lo urlo a gran voce, leggetevi “La storia della colonna infame” del grande Manzoni e fatevi un esame di coscienza. Pure lei giudice che ha condannato un cittadino che si è difeso.

Daniele Compostella

Nove

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