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«Lo Stato non può
impedirci
di usare le armi»

Recenti episodi di cronaca hanno suscitato l'attenzione dei cittadini sulla spinosa questione della legittima difesa e dell'uso legittimo delle armi. Cesare Beccaria nel suo trattato "Dei delitti e delle pene" già nel '700 scriveva che le armi rappresentano uno strumento di deterrenza del crimine e che proibendone l'uso ai cittadini onesti si finirebbe per lasciarle solo ai delinquenti che non avrebbero remore di usarle nelle loro attività criminose. Tali principi appaiono ancora attuali, anche se vanno a scontrarsi con quelli di coloro che non accettano l'idea della difesa privata perché considerano lo Stato unico soggetto titolato a mantenere l'ordine e la sicurezza.Secondo costoro fra Stato e cittadino deve sussistere un patto, una specie di contratto sociale in base al quale il cittadino rinuncia al diritto di difendersi e accetta che sia l'ordinamento statale a garantire la sicurezza. In Italia, dove è vigente tale ordinamento, la validità dei risultati è facilmente riscontrabile dai numerosi episodi accaduti anche nella nostra provincia che hanno visto pacifici cittadini, aggrediti nelle proprie dimore, finire nei guai giudiziari per aver tentato di difendersi da malviventi che spesso, del crimine hanno fatto una professione. Sarebbe quindi il caso di fare qualche considerazione. Chiunque, fosse il più sprovveduto, capisce che nessuno Stato, anche il più efficiente (e con è certamente il nostro caso) può essere onnipresente e quindi in grado di tutelare ogni cittadino, in ogni momento della sua giornata. Pertanto le tesi di coloro che sostengono il contrario vanno ad arenarsi miseramente nella realtà di tutti giorni, ove si assiste al fenomeno di una delinquenza, divenuta prepotente e sfrontata proprio grazie all'acquisita consapevolezza che il cittadino non può reagire. La teoria del "contratto sociale" così concepita va quindi a farsi benedire con buona pace dei cosiddetti benpensanti sempre tolleranti con chi delinque quanto severi e intransigenti con chi cerca di difendersi. Mi richiamo quindi a quanto sostiene sul tema un'autorevole voce fuori dal coro e precisamente quella del magistrato Carlo Nordio procuratore aggiunto presso la Procura di Venezia di Venezia il quale ebbe a scrivere: "Lo Stato non può avere il comportamento schizofrenico di colui che prima rilascia al cittadino li permesso di detenere un'arma ai fini di difendersi e poi lo punisce perché non la usa nel modo in cui lui, Stato, ritiene opportuno. Da un lato non potendo negare ad un poveraccio il sacrosanto diritto di difendersi lo autorizza a detenere un'arma ma dall'altro avoca a se il benchè minimo uso della forza e punisce il cittadino che si è autonomamente difeso. A questo punto sarebbe il caso che questo Stato arrogante avesse il coraggio, assumendosene tutte le responsabilità di vietare ai cittadini qualsiasi tipo di arma garantendo però a tutti una sicurezza reale, non a chiacchere come attualmente avviene." Da parte mia, aggiungo che se lo Stato pretende di abolire il diritto alla legittima difesa e poi nei fatti dimostra di non essere in grado di impedire la commissione di reati predatori (leggasi rapine, furti in abitazione eccetera) che colpiscono i cittadini più deboli e indifesi, deve essere chiamato, come parte contrattuale inadempiente, a risarcire i danni morali e materiali derivanti dalla sua incapacità e inerzia.

Gianluigi Marconi 

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