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«L’Abate, la potenza della non violenza»

Da molto non scrivo al Giornale, ma oggi sento di doverlo fare, portando una testimonianza del pensiero di un grande maestro della nonviolenza che è mancato nei giorni scorsi, Alberto L'Abate. Ho avuto la fortuna di conoscerlo lo scorso anno alla Casa per la Pace quando, in occasione del Festival Biblico dedicato alla Pace, abbiamo contribuito come Casa per la Pace ed Assessorato a creare alcuni momenti di incontro e di laboratorio sulla gestione creativa e nonviolenta dei conflitti. Pensiamo sia “normale” che la vita delle persone veda trascorrere molto del tempo che ci è dato a litigare, ad alzare sempre più il livello del conflitto, verbale e spesso anche fisico, fino alla violenza, in parole e azioni. Lo vediamo tutti i giorni, nel nostro quotidiano, nei giornali, nella rete. Non sappiamo gestire i conflitti nei condomini, negli uffici, nelle strade, nelle famiglie, nelle piazze reali e virtuali. Non sanno gestire i conflitti i “grandi” del mondo, dagli Stati Uniti alla Corea, da Madrid alla Catalogna. Si pensa che il problema sia il conflitto, e invece il conflitto è vita, è una normale e sana dialettica di diversi modi di vedere la realtà, e di tentare di incidere sulla realtà. Il problema non è il conflitto, ma la sua gestione, l'incapacità di gestire e risolvere le situazioni in modo nonviolento (parola unita, che non significa semplicemente “assenza di violenza” ma azione positiva per costruire percorsi di pace e crescita per i singoli e le comunità). Siamo sempre più analfabeti nelle relazioni personali, non siamo più capaci di riconoscere e comprendere il punto di vista dell'altro (ricordo una amica che mi diceva che se riuscissimo, donne e uomini, a decentrarci per qualche ora e vedere il mondo con gli occhi dell'altro/altra, ci apparirebbe una realtà molto diversa). Alberto L'Abate, a Vicenza per presentare il suo libro, l'Arte della Pace, ci ha raccontato di come si debba partire da subito, da piccoli, per acquisire gli strumenti che possono rendere le persone e le comunità più collaborative e nonviolente. Ci ha portato fra gli altri l'esempio di una scuola dell'infanzia in cui sono stati attuati dei giochi cooperativi per alcuni mesi. Giochi perché si trattava di bambini piccoli, che imparano giocando. Cooperativi anziché competitivi, per promuovere l'aiuto reciproco e non la competizione, l'agonismo del vincente e del perdente. Il risultato è stato straordinario. Dopo quei mesi (non basta qualche intervento “spot”) i bambini hanno mostrato risultati che per qualcuno potrebbero sembrare sorprendenti. I bambini cooperavano fra loro spontaneamente, si aiutavano, stavano bene nel gioco e in altre situazioni, si formavano stili di leadership partecipativi, non emergevano leader negativi ma leader positivi… Solo due bambini non avevano appreso queste modalità di convivenza: quei piccoli erano stati assenti per un lungo periodo e si erano persi una parte importante del percorso educativo! Credo sia tempo di ripartire da qui. Dall'esercitare (la teoria della nonviolenza si concretizza in tecniche, esercizi, abitudini) la nostra capacità di trovare soluzioni in cui non ci siano necessariamente perdenti e vincenti, ma si trovino mediazioni virtuose in grado di riconoscere il valore di ogni persona e idea. Alberto L'Abate ha voluto fino agli ultimi giorni promuovere il suo messaggio, la potenza della nonviolenza, superando fatiche e malattia. A lui, al professor Papisca, un altro maestro di pace che ci ha lasciato di recente, e a tutte le persone che hanno scelto di dedicare la propria vita alla promozione di una cultura di pace vera, agita, concreta, di relazioni positive e diritti umani che indicano come sia possibile avere e donare una migliore qualità di vita a noi stessi e agli altri, nel tempo limitato e prezioso che ci è dato, va il nostro pensiero grato, sincero, commosso.

Isabella Sala

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