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«Chiedo scusa
ai profughi
Serve l’amore»

«Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere quest’offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati in fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c’è e non è pensabile», scriveva Primo Levi nel 1947. Se solo riuscissimo, prima di vedere il profugo, l’immigrato, il clandestino, se solo riuscissimo a vedere che questo è un uomo, forse, dico forse, ci resterebbe ancora un pezzetto di umanità. Sono di Bolzano Vicentino anch’io, sono anch’io consapevole dell’esistenza di un grande problema, l’immigrazione, che ci riguarda tutti. Sono però altrettanto consapevole, e questo è un fattore mancante a quel gruppo sceso in piazza a manifestare nel “mio” paese, della realtà dalla quale provengono questi uomini, donne e bambini. Mi dissocio da queste manifestazioni xenofobe, perché Bolzano Vicentino è e dev’essere altro. Esistono altre vie, quali il dialogo, il confronto, la conoscenza reciproca che potrebbero regalare quella crescita culturale della quale tutti noi avremmo immenso bisogno per sconfiggere la cultura della paura, dell’odio, dell’intolleranza divenuta oramai una patologia. Deploro l’operato di quelle forze politiche che strumentalizzano frustrazioni e malcontenti attraverso la vita di queste persone che non hanno nulla a che vedere con la nostra crisi. Non possiamo venire prima noi, e poi loro, per una semplice ragione: questo sporco gioco è la causa del problema, che lo si voglia credere o meno. Veniamo prima noi nelle loro terre, nei loro fiumi, nelle loro montagne, nelle loro risorse minerarie, nei loro (e nostri) mari. Veniamo prima noi nelle guerre “giocate” a casa loro (e che loro non vogliono combattere), veniamo prima noi nelle loro carestie, nella loro sete e nella loro fame. Ed io, che in mezzo a queste guerre ci vivo da quasi 4 anni, non posso tacere. Siamo ipocriti, ignoranti o peggio ancora, indifferenti. Sarebbe, come minimo, un gesto di dignità da parte delle istituzioni chiedere scusa. Ma il perdono è un atto rivoluzionario forse troppo grande da chiedere a questa umanità ferita. Prendo quindi io la parola e vi chiedo scusa, abitanti forzati di Bolzano Vicentino, a nome di quei tanti uomini e donne di buona volontà e umanità del “mio” paese. Scrivo nella speranza, spero non vana, di arrivare al cuore di tutti voi. Se vince l’odio, perdiamo tutti. Ricominciamo dall’amore.

Silvia De Munari

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